Visioni Italiane – Officinema, 27 febbraio – 3 marzo 2013, Bologna
(Offi)cinema reinventato
Il 27 febbraio scorso si è riaperto il sipario della nuova edizione di Visioni Italiane – Officinema, festival bolognese di cortometraggi, nonché trampolino di cosiddetti “registi invisibili”, poi lanciati alla fama italiana, come fu per Matteo Garrone, Paolo Genovese e i fratelli De Serio.
Su di tutte sin da ora è capeggiata la sezione Visioni Doc, nella quale in particolare due titoli hanno lasciato traccia nella marea di cortometraggi: Six Feet Up e Effetto Thioro. Il primo è incentrato sulla figura di una tanatoesteta, lavoro sconosciuto e soprattutto non riconosciuto in Italia, che racconta un mestiere messo costantemente in (mal)ombra, illustrandone tutti gli step: pettinatura, trucco, suture. Fin qui tutto nella norma: primi piani, sguardo in macchina, dettagli sugli oggetti. Il plus ultra sboccia nello stile narrativo, ossia nella scelta del regista di un parallelismo visuale: la donna racconta i dettagli nudi e crudi di ciò che le permette di mantenersi mentre… cucina. Cuoce lo spezzatino con le ricette di propria invenzione (come lo sono quelle dei prodotti tanatoestetici brevettati da se medesima), mette il pane in tavola e prepara il budino. Una madre che di lavoro fa, semplicemente, l’abbellitrice di salme. Parallelamente, Effetto Thioro ci introduce in un’altra cultura costantemente oscurata, quella africana, attraverso la storia della piccola Thioro: figlia di mamma milanese e papà senegalese, prima nativa mista del villaggio africano paterno. Si narra di un viaggio esplorativo nelle terre natìe, totalmente nuovo agli occhi di madre e figlia, con un unico scopo: il battesimo della piccola secondo i riti tradizionali. In sé, il film non dice niente. La cinepresa è solo una presenza silenziosa che memorizza il tutto, capricci compresi. Ma è proprio nel concetto di “memoria” come documentazione di un tempo e di un luogo mai vissuto che si concentra il racconto cinematografico. La reminiscenza infantile scivolerà via, quella cinematografica no. Esattamente come ognuno di noi possiede il filmino del proprio battesimo, così lo avrà anche Thioro, ma con colori, odori, sapori, del tutto differenti. Ultimo piccolo accenno è quello di un titolo presente nella sezione Fare film a Bologna e in Emilia-Romagna: Pollicino. Esattamente come il bambino figlio dell’estro di Charles Perrault disperde le molliche di pane per ricordarsi la via del ritorno, così è costretto a farlo l’adulto protagonista del corto, attraverso un oggetto di stampo più “modernista”: i post-it. In questo caso il brutto orco è nient’altro che l’Alzheimer. Come la telecamera affiancata a Thioro, i post-it rappresentano dei piccoli schermi di memoria: nel primo caso fungono da memoria occasionale, nel secondo da memoria quotidiana, l’unico elemento che tiene ancorato il protagonista alla realtà. Ma anche questo, come la sua memoria, può volare via. Dall’apertura a nuove culture alla reminescenza storica: soggetti cinematografici già ampiamente utilizzati, ma che possono essere continuamente e intelligentemente reinventati.