Ho voluto scrivere queste righe prima di conoscere l’esito delle elezioni politiche italiane e dopo aver visto le premiazioni degli Oscar 2013. Credo che l’editoriale non nasca superato dagli eventi, e tengo a precisare che la scelta è dovuta solamente al fatto di non voler apparire influenzato da ciò che poi è successo, e che al momento ignoro.
Ciò che infatti vorrei discutere è il sostanziale analfabetismo audiovisivo della campagna elettorale. A differenza di molti commentatori, non penso sia stata una campagna peggiore di altre: chiunque con un po’ di memoria sa che lo si dice sempre, di ogni tornata elettorale. Questa, però, nel 2013 doveva essere la campagna più ricca dal punto di vista mediale, con nuove piattaforme divenute protagoniste. Ebbene, anche il movimento più forte in questo senso, anzi persino nato sulla Rete, quello di Beppe Grillo, ha usato il web in maniera tradizionalista (attraverso un blog di vecchissimo stampo e molto rigido), e optato poi per piazze e comizi come negli anni Cinquanta. A prescindere dal successo e dall’astuzia dell’iniziativa, ci si aspettava ben di più, come anche dalla sinistra alternativa, sia essa più governativa (Vendola) o meno (Ingroia). Si pensava che le tecniche dei movimenti arancioni e referendari, che attraverso la rete avevano fatto accadere veri miracoli civili e civici, potessero attuarsi di nuovo: e invece niente, solo siti Internet partitici e persino imbarazzanti per come hanno cercato di tenere insieme storie politiche diverse. Del PD e della sua incapacità comunicativa si è detto tanto, e basta figurarsi Bersani seduto a una scrivania che naviga sul web per comprendere che l’immagine è inverosimile, e di conseguenza il profilo del partito, ancorato a una perenne, gigantesca Festa dell’Unità. A destra poi, manco parlarne: Berlusconi è tornato là dove era nato, in televisione. E, del resto, i dati hanno chiarito che in Italia il grande ritorno della televisione è cosa fatta, e che il successo di Sanremo è solo la punta dell’iceberg. Sia pure in regime di “remediation”, la tv è un mezzo anticiclico e tutti noi continuiamo a guardarla, col risultato che la campagna elettorale si è svolta soprattutto su quel medium.
E che c’entrano gli Oscar? C’entrano, secondo chi scrive, per il semplice fatto che il cinema americano – nel 2012 – ha saputo non solo ritrovare uno smalto straordinario e costruire film in grado di interpretare i tempi come non accadeva da tanti anni (Django Unchained, Lincoln, Zero Dark Thirty, Argo, quasi sempre parlando del passato della nazione), ma anche di scaraventare i temi (di cui i film hanno parlato) sui media, sui giornali, sui siti web, sui social network, scatenando discussioni e confronti accesi sulla storia, la cultura, la razza, l’etnia, la violenza, il terrorismo, la politica e i confini della giustizia. Fuor di retorica: che invidia.