Il nonno in cariola
Dapprima fu Stallone, con I mercenari, a riflettere sul tempo che passa, sui muscoli che s’afflosciano e sulle ossa che risentono delle innumerevoli fratture passate. Lo ha seguito Swarzy, che scherza con la sua età in The Last Stand, e ora è il turno di Bruce Willis, che in questo Die Hard – Un buon giorno per morire è spesso e volentieri definito vecchietto, nonnino, addirittura papi (nel doppiaggio italico). Permettete un piccolo sfogo personale: che palle!
Ormai è moda. Se negli anni ’80 eri una superstar dell’action fracassone, ora devi per forza tirare in ballo il fattore età, continuando comunque a fare acrobazie spaccaossa e sparatorie iperviolente. L’essere fuori tempo massimo non è però l’unica pecca di Die Hard 5, che dopo la prima frenetica, splendida mezz’ora si perde sviluppando una trama che chiunque conosca gli altri film della serie è in grado di prevedere con larghissimo anticipo.
John McClane raggiunge Mosca, dove il figlio Jack, con il quale è in pessimi rapporti, sta per essere processato per i suoi presunti legami in una sordida storia di complotti politici. Dopo una fuga rocambolesca dal tribunale, John scopre che Jack è in realtà un agente della CIA sotto copertura, e che la sua improvvisa comparsa ha fatto fallire un piano studiato da anni per fermare un traffico di armi nucleari. Ma i due McClane, come oramai sappiamo, sono duri a morire, e porteranno ugualmente a termine la missione nel loro stile, cioè ammazzando tutti. Schema classico: McClane si ritrova per caso a scontrarsi con presunti terroristi che in realtà altro non sono che ladri, e li abbatte uno a uno a suon di pallottole e battute sagaci. Che qui sono praticamente assenti, eccezion fatta per il solito “yippee ki-yay, figli di puttana!”. Non che il regista John Moore non sappia il fatto suo, e orchestra scene d’azione d’antologia (come l’esaltante inseguimento in auto per le vie di Mosca, con decine e decine di macchine distrutte), ma purtroppo deve fare i conti con una sceneggiatura (di Skip Woods) che definire banale è un complimento: i cattivoni sembrano dei boy scout in confronto ai carismatici e sadici villain dei film precedenti, e il personaggio di Jack non si discosta dal solito palestrato tutto testosterone (la recitazione di Jai Courtney, solo occhioni strabuzzanti, certo non aiuta). Come action movie, Die Hard – Un buon giorno per morire, il suo lavoro lo fa, senza infamia e senza lode, e la visione fila liscia fino alla fine: peccato che sia un Die Hard, con conseguenti elevate aspettative, quasi tutte tradite.
Die Hard – Un buon giorno per morire [A Good Day to Die Hard, USA 2013] REGIA John Moore.
CAST Bruce Willis, Jai Courtney, Sebastian Koch, Yuliya Snigir.
SCENEGGIATURA Skip Woods. FOTOGRAFIA Jonathan Sela. MUSICHE Marco Beltrami.
Azione, durata 97 minuti.