Cronaca svuotata
Captive, pur nel suo essere macchinosamente mal riuscito, segna una tappa importante nella filmografia di Brillante Mendoza: è la dimostrazione di come, nel microcosmo poetico dell’autore filippino, la finzione cinematografica superi di gran lunga la realtà in intensità e potenza.
I fatti: nel 2001 un gruppo di fondamentalisti islamici, affiliati alla falange separatista Abu Sayyaf, rapisce venti persone dal lussuoso resort Dos Palmas. Comincia una lunga odissea che durerà più di un anno, nel corso della quale terroristi e ostaggi vivranno fianco a fianco in una costante fuga dall’esercito. Tra marce forzate, natura selvaggia e incontaminata, l’indifferenza delle autorità e dei governi e la costante paura per la prossima sparatoria, i prossimi morti da raccogliere, i prossimi feriti da curare, lo strano gruppo si fa sempre più inevitabilmente unito. Già a inizio carriera Mendoza si era avventurato nelle profondità della giungla filippina, spinto a raccontare ispirato dalla cronaca: Manoro, storia di una 13enne che dà rudimenti di alfabetizzazione agli abitanti del suo villaggio in vista delle elezioni, ha diversi punti di contatto con Captive, dall’ambientazione fino all’utilizzo di un cast per la maggior parte composto da non professionisti. Ma i due film, soprattutto, condividono una sorprendente mancanza di impatto emotivo, un’aridità che lascia perplessi se paragonata alla bruciante umanità malata (Kinatay. Massacro) e sofferente (Lola) di alcuni dei suoi film precedenti e successivi (Thy Womb). In Captive si riconoscono molte delle costanti estetiche del cinema di Mendoza, il quale fa uno sforzo evidente per adattarle allo spirito di una narrazione che, per la prima volta, lo porta ad accostarsi a un linguaggio di genere. La macchina da presa nervosa e in costante aggiustamento del regista filippino si adatta bene allo spirito action/thriller del film e riflette il terreno instabile su cui camminano (a volte letteralmente) i personaggi. A mortificare l’esito del film è in primo luogo il disinteresse nei confronti dei personaggi – coraggiosa e non riuscita scelta anti-hollywoodiana e anti-spettacolare – vera e propria carne da macello narrativa. Ma dove Captive arranca maggiormente è in quella dilatazione dei tempi, in quel rigonfiamento esasperato e contemplativo dei ritmi che accostato alla retorica, a una narrazione allegorica e simbolica, ha portato il cinema di Mendoza a vette di rigorosa potenza; ma che sovrimpresso a una piatta drammatizzazione della cronaca perde ineluttabilmente ragion d’essere.
Nicola Cupperi vive a Verona, tiene due esilaranti rubriche su Film Tv, collabora con Chili e Nocturno, ama Johnnie To e la Coca Light.
Captive [Id. Francia/Filippine 2012] REGIA Brillante Mendoza.
CAST Isabelle Huppert, Katherine Mulville, Marc Zanetta, Rustica Carpio.
SCENEGGIATURA Brillante Mendoza. FOTOGRAFIA Odyssey Flores.
Drammatico, 82 minuti.