OMAGGIO AD HUMPHREY BOGART
Il mito e il male
Per capire l’essenza de Il mistero di falco, esordio alla regia di John Huston, è opportuno fare due soste: una all’interno dell’opera, l’altra una trentina di anni dopo, nel miglior film americano di un regista di origine polacca.
Innanzitutto, la definizione migliore del Sam Spade interpretato da Humphrey Bogart ne Il mistero del falco viene data proprio da uno dei personaggi del film: il ricco Casper Gutman, il quale con soddisfazione, stima e divertimento più volte definisce il detective come “un personaggio”. Effettivamente l’Humphrey Bogart nel ruolo dell’investigatore privato creato nel 1930 da Hammett assume da solo, come forse è inutile ripetere, un valore iconico e mitologico indelebile, a prescindere dalle altre qualità del film, soprattutto se collegato e studiato in relazione all’altro mito incarnato dall’attore l’anno successivo: il Rick di Casablanca. L’investigatore e il disilluso gestore del locale, come analizzato da Giulia Carluccio e Giaime Alonge nel loro studio sul cinema classico americano, sono stati costruiti, a livello di costruzione del personaggio e a livello anche stilistico, in maniera simile per far risaltare la valenza dell’ “attore-icona” nel ruolo del “Bad-good-boy”. Facendo ora il salto di una trentina d’anni prima accennato, passiamo dalla San Francisco stilizzata in bianco e nero dei primi anni quaranta alla Los Angeles degli anni venti di Chinatown di Roman Polanski. Qui il ruolo del ricco patriarca simbolo del male dominante – a livello privato come a livello pubblico, per la famiglia come per la collettività – è ricoperto dallo stesso John Huston, cosa che crea interessanti rimandi al suo esordio alla regia. In un’opera che rilegge il noir classico, e di cui costituisce un passo in avanti, la scelta di Polanski di puntare sul regista irlandese non è solo un semplice omaggio alla storia del genere, ma può anche essere letta come l’esplicitazione del senso più o meno nascosto de Il mistero del falco e di altri suoi film come, per esempio, Giungla d’asfalto. Nella totale negatività del patriarca polanskiano, ritroviamo più evidenti e accentuati il pessimismo di fondo (non negato, ma semmai sostenuto dalla sublime ironia) e ciò che costituisce il motore di tutto l’intreccio: il morboso desiderio verso il possesso e la ricchezza fini a se stessi, diventati i nuovi valori dominanti a sacrificio dei sentimenti e dei rapporti che regolerebbero il consesso umano (è ancora Gutman a dire una frase emblematica al momento di sacrificare l’aiutante, considerato alla stregua di un figlio: “ti ho voluto bene come un ad un figlio, ma di figli se ne possono fare altri, e di falcone ne esiste uno solo”). Tradimenti continui, uccisioni di cui non ci si pente, doppi e tripli giochi, il desiderio cieco ed ossessivo verso il possesso del prezioso reperto diventano simboli di un cancro sempre più presente nella società: questo nel cinema classico degli anni quaranta poteva ancora essere sconfitto, o perlomeno attenuato, dal detective (onesto, ma comunque costretto a scendere a patti con le regole del gioco), cosa che negli anni settanta di Chinatown non potrà più essere possibile.
Il mistero del falco [The Maltese Falcon, USA 1941] REGIA John Huston.
CAST Humphrey Bogart, Peter Lorre, Sidney Greenstreet, Mary Astor, Gladys George, Lee Patrick.
SCENEGGIATURA John Huston. FOTOGRAFIA Arthur Edeson. MUSICHE Adolph Deutsch.
Noir, durata 97 minuti.