Storie di straordinaria normalità
Alzi la mano chi non ha mai immaginato almeno una volta in gioventù di trascorrere un’esistenza “sulla strada” e senza legami, solo assecondando il proprio genio e la propria sregolatezza, come una scheggia impazzita che rigetta ogni asservimento al “sistema”. Tutte caratteristiche su cui si basa la cosiddetta Beat Generation, movimento poetico e letterario sviluppatosi negli Usa dagli anni Cinquanta. Essere beat, in poche parole, significa(va) scuotere la società dalle sue certezze.
Ma è stata l’ossessione delle classificazioni “a posteriori” a decidere chi infilare nel gruppone dei prescelti, mentre loro – i vari Jack Kerouac, Allen Ginsberg, Norman Mailer, William Burroughs -, allergici alle definizioni costrittive, si sentivano essenzialmente parte di una contro-cultura underground. E basta. Chissà allora cosa penserebbe Kerouac della blesa e asfittica trasposizione di On the Road appena passata al cinema. O Ginsberg dell’educato ma sbilenco Urlo di Rob Epstein e Jeffrey Friedman. E chissà cosa penserebbe Charles Bukowski – uno infilato davvero a forza nei canoni “beat” – se avesse tra le mani Goodbye Bukowski, graphic novel di Flavio Montelli. Probabilmente si interrogherebbe sulla necessità di creare un prodotto del genere, che pur nasce come omaggio affettuoso e ritratto umano dietro la maschera mitica. Ma a che pro? Fin dalle primissime battute questa inedita biografia a fumetti compie un errore fondamentale: esplicitare ciò che Bukowski non ha mai avuto la necessità di esplicitare. Monologhi quali “Guardavo le donne, ovunque le incontrassi, senza desiderio e con un sentimento di inutilità” ed “Ecco come sono i rapporti di coppia: all’inizio tiriamo fuori la parte migliori di noi, poi col tempo vengono fuori i difetti e la follia” finiscono con lo scoprire fin troppo la corda della volontà di scandire per tappe precise le fasi di una vita che non ha mai avuto ordine, né mai ha voluto averla. Goodbye Bukowski con toni sommessi procede scandagliando quella che avrebbe potuto essere la “normalità” del personaggio: padre tenero e affettuoso, uomo a volte confuso e a volte frustrato. Non c’è spazio per stravaganze, ed è un bene; ma al loro posto viene concesso troppo spazio ad introspezioni retoriche di sconcertante banalità (“Nel 1971 ero un relitto umano, la mia era una non esistenza”, “E adesso cosa voglio? Voglio apprezzare quello che ho”). E nonostante l’ultimo capitolo metta a segno il colpo gobbo del cambio di tratto, che si fa acquerellato e morbido per sottolineare l’unione fra Charles e Linda e il loro distacco dal mondo, al termine della lettura non resta che una altrettanto banale verità: l’unico modo per conoscere Charles Bukowski è leggere Charles Bukowski.
Goodbye Bukowski [Italia 2012] IDEATO DA Flavio Montelli.
DISEGNI Flavio Montelli. PUBBLICATO DA Coconino Press e Fandango.
Graphic novel, B/N, 160 pagine.