Buone compagnie
La differenza tra un divo e un grande attore è che, per il primo, vita e schermo sono lo stesso. Più o meno. Il divo coltiva il proprio personaggio tra red carpet e pellicole, davanti e dietro la macchina da presa, tra gli scatti rubati da Tmz e le interviste ufficiali ai grandi network.
Sottocategoria del divo è il divo liberal, e Robert Redford ne è il paradigma originario. Prima come corpo attoriale e poi come autore e organizzatore di festival, porta il suo impegno in scena e fuori scena, spendendosi totalmente tra politica e immaginario. Così, non poteva che essere lui a interpretare il protagonista di The Company You Keep, tratto dall’omonimo bestseller Usa di Neil Gordon, reduce di lotte anni 70 in fuga, on the road, da un presente ostile. Jim Grant una volta si chiamava Nicholas Sloan, era un leader di Weather Underground, braccio armato della protesta pacifista contro la guerra in Vietnam. Poi, dopo una rapina finita male, è scomparso dentro il mainstream familiare e rassicurante della professione d’avvocato, si è sposato, ha fatto una figlia, si è integrato. A stanarlo è il giovane Ben, giornalista brillante che fiuta e insegue lo scoop per ansia di ambizione, senza porsi troppe domande, e costringe Jim/Nick a peregrinare da un vecchio compagno di battaglia all’altro per provare la propria innocenza. Non poteva che essere Redford a interpretare Jim/Nick, nonostante la soglia dei settant’anni passata da un pezzo e la fisicità pesante e un po’ acciaccata. The Company You Keep è un thriller d’altri tempi, nipote di quella New Hollywood impegnata che non rinunciava all’intrattenimento, capace di avvincere nei risvolti “action” ma tenendosi a distanza dal superficiale. Redford omaggia il cinema che l’ha creato come divo riconoscibile e universale, e nello stesso tempo cerca il necessario passaggio di consegne. Soprattutto (evviva), non si pente. D’accordo, il finale è conciliante e familista come morale americana richiede, ma Susan Sarandon che ribadisce le sue convinzioni e l’assenza di rimorsi guardando in macchina, o Julie Christie che scompare nei boschi incapace di arrendersi a un’esistenza omologata e indifferente, sono dichiarazioni ben lontane dalla nostalgia lagnosa di tanti film su “quegli anni formidabili”. L’insistenza sui legami familiari, forse, è anche un discorso sull’eredità: la parata di stelle che si srotola in camei brevi e intensi sta lì a chiedere a qualcuno (ai giovani LaBeouf e Marling, a qualcun altro) di raccogliere il testimone. Se non di una retorica guerra per cambiare il mondo, quanto meno della guerriglia di un cinema onesto, solido e civile che metta pulci nell’orecchio.
La regola del silenzio – The Company You Keep [The Company You Keep, USA 2012] REGIA Robert Redford.
CAST Robert Redford, Shia LaBeouf, Julie Christie, Brit Marling, Susan Sarandon.
SCENEGGIATURA Lem Dobbs (tratto dall’omonimo romanzo di Neil Gordon). FOTOGRAFIA Adriano Goldman. MUSICHE Cliff Martinez.
Thriller, durata 125 minuti.