SPECIALE VIDEOGAME HISTORY
L’eleganza del riccio
Nell’eterna battaglia videoludica fra Sonic e Super Mario, io sto con Sonic. Certo, Super Mario è stato il primo, l’originale abitatore di un immaginario che non esisteva; e certo, la figura dell’idraulico che attraversa il Regno dei Funghi per salvare la principessa possiede uno status di riconoscibilità ineguagliato. Ma quanto possono contare le pur dotte disquisizioni dei teorici del videogame, agli occhi un bambino di otto anni?
A me Mario non era mai piaciuto: era lento, poco simpatico, e sinceramente la missione (sconfiggere un malvagio per salvare una ragazza) all’epoca provocava in me un interesse pari a zero. Quando nel dicembre 1991 ricevetti in regalo dai miei genitori (anzi, che sciocco, da Babbo Natale!) la console a 16-bit Sega Mega Drive con all’interno il videogioco Sonic the Hedgehog non potevo credere ai miei occhi. La Rivoluzione era nel mio salotto: il dinamico e scattante riccio blu correva a velocità supersonica, si lanciava in ardite discese e camminava sfrecciando sull’acqua. A dire il vero, anche nel caso di Sonic all’inizio poco o nulla mi importava dell’obiettivo, ovvero la distruzione del temibile Mr. Robotnik che rapisce teneri animaletti trasformandoli in automi spietati. Semplicemente, vagabondavo fra i livelli assecondando le caratteristiche di un protagonista ironico, libero e dotato di senso della giustizia. Se da un lato il mio stupore era giustificato dal fatto che il gameplay si basava su una velocità completamente diversa dagli altri giochi creati fino ad allora, dall’altro è altresì vero che Sonic the Hedgehog, tematicamente, assomiglia a molti altri platform: un personaggio che deve arrivare alla fine del livello nel tempo concesso collezionando gli oggetti che trova sulla sua strada. Ma nel suo tripudio di colori, nel dinamismo e nel suo senso dell’avventura, Sonic lascia(va) ipnotizzati, perché compiva evoluzioni tecnicamente impossibili. Per superare la barriera della bidimensionalità, il gioco eliminava la banalità del solo piano orizzontale sviluppando livelli visitabili in più zone, che sfruttavano l’alto e il basso. Una caratteristica che rendeva il nostro elegante e carismatico riccio persino incontrollabile, a volte. Come quando rotolando troppo velocemente nei tubi mandava in tilt la telecamera, o come quando infilandosi dentro un muro sbucava dalla parte opposta del livello. Non è un caso che Sonic sia la mascotte ufficiale della Sega, una casa che ha riposto nella corsa, nel divertimento sfrenato e nella libertà di sognare la propria cifra formale. Tutti elementi che in me si traducevano in un senso di vertigine pauroso, che di schema in schema mi faceva trattenere il fiato e temere per la morte del mio beniamino. Una vertigine che provo tutt’ora, quando rispolvero il Sega Mega Drive e la cartuccia del gioco. Perché io, il primo Sonic the Hedgehog, non l’ho mica ancora finito…
Sonic the Hedgehog [Sonikku za Hejjihoggu, Giappone 1991]
SVILUPPATORI Naoto Oshima, Hirokazu Yasuhara, Yuji Naka. DISTRIBUZIONE Sega. PIATTAFORMA Sega Mega Drive.