E così, anche a Natale, il cinema in Italia è andato a ramengo. Il periodo di fine anno, per solito considerato il più ricco per ciò che riguarda gli incassi (quello in cui, per intenderci, gli esercenti totalizzano il 30% degli introiti annuali) non ha funzionato. In gergo, chi possiede una multisala dice: “Non si è riempita sala 1”, ovvero non c’è stato un film – nemmeno Lo Hobbit – in grado di fare i pienoni consueti per questo momento.
Ora ci si accapiglia sulle cause: pochi titoli appetibili, la delusione degli appassionati per l’inizio della nuova trilogia di Jackson, il passaparola negativo su altre pellicole, alcune opere stracotte, ma questo non spiega il relativo insuccesso, per esempio, di Ralph Spaccatutto. L’unico dato certo: si fa sempre più urgente il meccanismo del day and date, ovvero non è più accettabile, nel secondo decennio degli anni Duemila, che gli spettatori italiani o europei leggano sui giornali meraviglie dei nuovi film di Tarantino e di quanto è divertente Le Misérables e poi scorrendo il giornale debbano scegliere tra Neri Parenti e un Redford presentato mesi fa a Venezia. Il mondo corre troppo rapido e necessita di uscite sincronizzate in tutto il mondo, il che ovviamente aiuterebbe anche contro la presenza illegale di film online.
Detto questo, ovviamente – lo abbiamo ripetuto tante volte – in Italia ci sono ben altri problemi. L’offerta di film è vastissima. In un paese in cui, a differenza di Francia, Gran Bretagna e Usa, la funzione sociale e carismatica dell’andare in sala è fragile e risente maggiormente della rivalità delle altre piattaforme, la sensazione è di una saturazione totale. Recentemente portali come Mymovies o Chili Tv hanno cominciato massicciamente la propria campagna di noleggio online, sostituto dei negozi Blockbuster ormai scomparsi. Ma aggiungiamo anche il moltiplicarsi di iniziative, come quella del Corriere della Sera che offre gratis (o meglio, se si acquistano i supplementi) alcuni film ogni settimana online, o ancora le proiezioni di prima visione incluse nel biglietto di chi viaggia col treno Italo. Poi la solita congerie di film sul digitale terrestre, sul digitale satellitare, su Youtube (dove ormai c’è una deregulation ormai totale: chi scrive ha visto proprio lì The Grey, Di nuovo in gioco e altro), e si capisce che o ci si trova in un paese nel quale andare al cinema è una pratica che solo parzialmente viene messa in difficoltà dagli altri luoghi in cui si reperisce il film poiché si tratta di due cose diverse anche psicologicamente, oppure si tratterà solo di mettere cerotti a ferite troppo ampie.