Il fascino in-discreto della borghesia
Tra i bersagli preferiti di Manara c’è senz’altro l’ipocrisia del perbenismo. Oggetto ricorrente della sua satira erotica, il moralismo della classe borghese si rivela nelle sue tavole niente più che una facciata, innalzata a nascondere sordidi vizi dietro improbabili virtù.
Non fa certo eccezione Il gioco, il suo maggiore successo commerciale, disponibile nella raccolta comprensiva di ben tre seguiti. Creato nell’82 in occasione della collaborazione con la rivista per adulti Playmen, Il gioco è il frutto più spigliato dell’erotismo di Manara nonché l’opera che l’ha consacrato nel panorama internazionale.
Protagonista è Claudia Cristiani, moglie bellissima e repressa di un ricco e insipido borghese. Ammantata di vesti castigate, con i capelli raccolti in un rigido chignon, Claudia finisce ben presto nuda e scarmigliata, preda delle più sfrenate fantasie sessuali. A decidere della trasformazione, un apparecchio del tutto speciale che ne scatena istinti e pulsioni grazie all’aiuto di un microchip. Naturalmente saranno in molti a volersene appropriare, facendo scontare alla bella eroina piacevoli vendette e imbarazzi reiterati. L’idea folgorante del primo episodio si ripercuote nei successivi con meno mordente ma uguale efficacia. Manara ne sfrutta a pieno il potenziale, escogitando situazioni sempre più estreme e compromettenti. Ne Il gioco 2 gli exploit di Claudia approdano in tv, destabilizzando il mondo dei media con la questione dell’irrappresentabile. Il “villain” in questo caso ha l’aspetto di James Dean ed è affiancato dalla stessa Miele de Il profumo dell’invisibile e di Candid Camera. Nel terzo episodio, invece, sarà una setta new age a circuire Claudia, al seguito di un santone con il volto di Marlon Brando. Meno ironico e più torbido l’episodio de Il gioco 4, condotto dalla perfida Angelina che di angelico ha ben poco. Anche il tratto si fa più cupo, lasciando spazio a foschi chiaro-scuri e a contorni più netti e decisi. Tavola dopo tavola si dipana il filo della maestria di Manara nell’intessere trame sature di erotismo. Effetto che ottiene, non di rado, con l’accostamento di una protagonista nuda e disponibile a un compagno che le circostanze – o le convenzioni – rendono impassibile e refrattario: perfetta sintesi tra l’irrazionalità degli istinti e la costrizione delle regole sociali. Nel novero delle eroine dell’autore, Claudia non possiede certo l’esperienza di Molly o la spensieratezza disinibita di Miele, ma ricorda piuttosto l’ambivalenza di Beatrice, continuamente in bilico tra virtuosa apparenza e intima perversione. La macchinetta è il congegno che ne spezza le catene, liberandone l’indole soffocata e latente. Niente più che un pretesto per concedersi di giocare.
Il gioco [id., Italia 1982]
TESTO e DISEGNI Milo Manara.
PUBBLICATO DA Playman (1982), nuova edizione OSCAR MONDADORI (2012)