Grandi speranze, grande delusione
Presentato in anteprima nazionale al Sottodiciotto Film Festival di Torino, Great Expectations dell’inglese Mike Newell è l’ultima versione per lo schermo del romanzo scritto da Dickens nel 1861, la più famosa delle quali è quella firmata David Lean nel 1946.
Il romanzo ottocentesco, nella maggior parte dei casi, è per il cineasta in vena di trasposizione un ostacolo galvanizzante e anche molto ostico: di solito è come un fiume ricco di rivoli narrativi, di tono e di senso, da un lato stimolante perché permette una ricca scelta di chiavi di lettura, dall’altro pericoloso perché l’equivoco della fedeltà al libro apre più facilmente le porte all’elegante ma inerme illustrazione e al raffinato e pomposo accademismo. Le Grandi speranze di Newell, abituato ad adattamenti letterari come il quarto episodio della saga del maghetto Harry Potter, purtroppo appartengono alla seconda categoria. La storia dell’orfano Pipp educato da gentiluomo a seguito dell’intercessione di un misterioso protettore, il suo travagliato e costante amore per la “orgogliosa, carina e altezzosa” Estella, il rapporto ambivalente con la società londinese sono raccontate in una didascalica e fredda trasposizione, fin troppo asciutta e distaccata. La volontà di non cadere nel sentimentalismo ha portato all’estremo opposto: l’impassibilità con cui sono affrontate le potenziali scene madre hanno reso la narrazione poco coinvolgente e quasi per nulla empatica. Il misto ironia-patetismo tipico di Dickens risulta perciò del tutto assente, e i momenti di commedia sembrano un po’ estranei al flusso della narrazione, inseriti quasi come obbligo richiesto dal compitino, che il regista dà l’impressione di affrontare controvoglia un po’ per tutta la durata del film. Proprio il pubblico torinese ha avuto la possibilità, pochi giorni prima, di assistere durante il Torino Film Festival all’anteprima di un altro film ispirato ad un grande classico ottocentesco: Anna Karenina di Joe Wright. Il paragone tra le due opere è significativo per capire i differenti approcci: tanto è paludato, accademico e freddo il film di Newell, tanto nella sua apparente libertà rispetto al modello è vivo, fedele allo spirito profondo del romanzo, visionario e stimolante quello di Wright. Peccato, perché Newell ha dimostrato in passato di essere un buon artigiano, a suo agio in molti generi. Non mancano scene riuscite e aspetti positivi, ma sono i soliti che funzionano in questo tipo di adattamenti: fotografia, arredi, interpreti (non tutti) e una certa eleganza di fondo, elementi perfetti per lo stupore occasionale, ma inermi contro la minaccia della prolissità.
Grandi speranze [Great Expectations, USA/Gran Bretagna 2012] REGIA Mike Newell.
CAST Ralph Fiennes, Helena Bonham Carter, Jason Flemyng, Robbie Coltrane.
SCENEGGIATURA David Nicholls (tratto dall’omonimo romanzo di Charles Dickens). FOTOGRAFIA John Mathieson. MUSICHE Richard Hartley.
Drammatico, durata 128 minuti.