1 DICEMBRE, GIORNATA MONDIALE CONTRO L’AIDS
“Adesso spiegami tutto come se avessi sei anni”
Una ferita sulla fronte, lesione maligna da coprire e mascherare. Fitte che lacerano dal di dentro, conati che distruggono e svuotano. Un male, il male, sta per esplodere, manifestazione “orgogliosa” e “bastarda” di una verità che si vuole celare. Una scrivania da liberare prima di subito: eliminare il malato oltraggioso e infetto.
Jonathan Demme, già conosciuto per Il silenzio degli innocenti (1991), realizza nel 1993 Philadelphia, un film doloroso, dolente e lirico, che racconta di Andrew “Andy” Beckett, brillante avvocato, licenziato dallo studio legale per cui lavora. Lui sa il vero motivo del licenziamento: la sua malattia, l’Aids. Una buona sceneggiatura e una storia cruda sono raccontate dal perfetto Tom Hanks/Andrew – che dà corpo al mancamento e alla gioia, al dolore fisico e a quello per la discriminazione, all’indebolimento e all’amore per Miguel/Antonio Banderas – e dall’altrettanto bravo Denzel Washington/Joseph “Joe” Miller, avvocato che nonostante pregiudizi, paure e prime ritrosie segue il caso, buttandosi a capofitto nella causa. Il battito del cuore, i pensieri, la lingua di Andrew “respirano” e vivono di musica. “Sono l’amore”, canta la Callas, mentre, in uno dei momenti più struggenti della pellicola, Andy, appoggiandosi alla flebo, declama i versi dell’opera Andrea Chenier “Porto sventura a chi bene mi vuole/vivi ancora/tutto intorno è solamente sangue e fango/io sono divino/io sono l’oblio”. Ed è ancora la musica che fa da contrappunto alla vicenda, con le parole di Streets of Philadelphia di Bruce Springsteen, Premio Oscar per la Miglior Canzone. Consumarsi, è questo che fa Andrew, e lo fa davanti ai nostri occhi, in tribunale, mentre si consuma anche il suo corpo: i chili si perdono, le occhiaie si fanno più scure, i capelli più radi, le lesioni più profonde. Di giorno le parole, come coltelli, affondano la loro “razzista” lama nella carne, già fragile e sottile; di notte, la battaglia continua, mentre siringhe tentano di entrare nelle vene stanche di farmaci e di vita e chi ti vuol bene tenta di tenerti stretto, legato a sé, per non lasciarti andare via. Philadelphia rappresenta il culmine della sensibilizzazione ma anche della mobilitazione della Hollywood liberal-progressista, e incarna perfettamente il modo hollywoodiano di affrontare i temi sociali. Il film arriva dritto, senza falsi patetismi, manipola e plasma la materia reale, violenta come un pugno nello stomaco, uno schiaffo in piena faccia. Philadelphia è una poesia che utilizza parole dolci e dure per raccontare una piaga sociale, un canto lirico pieno e vigoroso di un uomo che si spegne combattendo, mentre ci resta nelle orecchie quell’eterno saluto, sulle note di Philadelphia di Neil Young.
Philadelphia [Id., USA 1993] REGIA Jonathan Demme.
CAST Tom Hanks, Denzel Washington, Jason Robards, Antonio Banderas.
SCENEGGIATURA Ron Nyswaner. FOTOGRAFIA Tak Fujimoto. MUSICHE Howard Shore, Bruce Springsteen.
Drammatico, durata 121 minuti.