30° Torino Film Festival – 23 novembre 2012/1 dicembre 2012
SPECIALE TORINO FILM FESTIVAL
Quella volta che il punk
Quando si decide di raccontare per immagini una storia come quella di Terri Hooley, è facile constatare che si è praticamente a metà dell’opera. Il soggetto: le gesta dell’uomo che negli anni Settanta rispose ai troubles che insanguinavano Belfast aprendo un negozio di dischi dal nome ottimista e rendendolo non solo il punto di riferimento della scena punk, ma un simbolo di ribellione irridente alla brutalità incomprensibile di quell’epoca di sangue.
E’ il rivolgimento dell’odio e delle sue conseguenze in irriverenza e divertimento il leitmotiv della vita di Terri Hooley che il film fa suo. La scena primaria dell’accecamento di Terri bambino da parte di un teppistello è la chiave: un precoce sopruso sarà la causa del suo sguardo letteralmente differente, un solo occhio sul mondo che gli concederà il dono di una “visione”. Nonostante il ritmo e il tono della commedia, il sentore della tragicità del momento storico è costante (descritto anche col ricorso a documenti di repertorio). Terri trova nel punk la risposta all’aut aut alla base della guerra civile: all’equivalenza identità/religione si contrappone la catartica potenza rituale dell’indistinzione e della condivisione, un’unica massa infervorata dalla musica contro il triplice fronte dell’odio: cattolici, protestanti, poliziotti. E Terri è il regista, il “padrino”, l’aggregatore capace di orchestrare uno strepitoso mondo parallelo a perdere: un’etichetta discografica che lancia le band e poi le lascia andare, un concerto epocale che non porta un soldo, un negozio che fallisce continuamente (e continuamente riapre). Il ritratto di Terri non è privo delle zone d’ombra che un’idea divorante è destinata a provocare: è una storia di obiettivi persi di vista per godersi il viaggio. Ma Good Vibrations celebra anche l’autoproduzione e la diffusione indipendente della musica come autentico atto di sovversione, ben più efficace degli schematismi della politica radicale tradizionale, come sottolineano i dialoghi di Terri col padre socialista. Good Vibrations riesce laddove molti biopic falliscono, rifuggendo la santificazione, il parere morale e il puro gusto aneddotico per focalizzarsi sul rapporto tra l’uomo e la sua eccitante ossessione contagiosa: e non c’è niente di più esaltante del partecipare a una folle utopia che si realizza.
Good Vibrations [Id., Gran Bretagna/Irlanda 2012] REGIA Lisa Barros D’Sa, Glenn Leyburn.
CAST Richard Dormer, Jodie Whittaker, Liam Cunningham.
SCENEGGIATURA Colin Carberry, Glenn Patterson, Adrian Dunbar, Dylan Moran. FOTOGRAFIA Ivan McCullough. MUSICHE David Holmes, Keefus Green.
Biografico, durata 97 minuti.