L’apparenza ingannevole della normalità
Sembra un film hollywoodiano Il sospetto, con la sua regia classica e invisibile, che si discosta dagli sperimentalismi dogmatici del primo Vinterberg (Festen), per “normalizzarsi” esclusivamente a livello formale, mettendosi al servizio della narrazione e degli attori, davvero notevoli ed efficaci nelle loro prove misurate.
Così, la prima sequenza è accompagnata da una hit come Moondance di Van Morrison, la fotografia è curata nel senso convenzionale, la cinepresa non sussulta di continui movimenti improvvisati e pseudo-documentaristici, ma ha uno sguardo distaccato sulla realtà finzionale. È un altro tipo di realismo, dunque, quello che ricerca Vinterberg, rifuggendo scelte stilistiche apparentemente anticonformiste e/o di tradizione avanguardistica, che sarebbero state troppo ingombranti o poco adatte alla linearità della sceneggiatura. Vinterberg, così, raggiunge l’equilibrio registico di una medietà stilistica transnazionale – cioè non legata a stilemi ricorrenti in specifiche cinematografie nazionali – che, però, non fa di Il sospetto un film banale o poco coinvolgente, né attutisce la ferocia ideologica del regista scandinavo. Film psicologico e introspettivo, di cristallina semplicità linguistica, Il sospetto racconta una storia forte, quella di un uomo ingiustamente accusato di pedofilia, che diventa la vittima di violenze e discriminazioni da parte dell’intera comunità in cui vive. A differenza di Festen, quindi, la pedofilia non è più il tarlo che rode la famiglia dall’interno, ma l’accusa pretestuosa scelta dai membri di “normali” famigliole per sfogare la violenza repressa sul maestro d’asilo single e solitario. Fino a farne quasi una figura cristologica, in particolare nell’intenso pre-finale natalizio, con tanto di cori religiosi. È un film ricco di tensione ed attese, anche grazie al ritmo lento delle lunghe inquadrature, nella prima metà del film: il montaggio non convulso delle scene di dialogo conferisce l’impressione di assistere in “tempo reale” alle interazioni tra i personaggi. Nella seconda parte, con l’esplosione del fanatismo, il pensiero corre al cinema della crudeltà che spesso affascina i filmmaker scandinavi, o nordeuropei in genere (la sequenza del pestaggio al supermercato, in questo senso, è esemplare). Il finale aperto e sottilmente ambiguo, invece, è l’ideale conclusione di questo film raffinato e potente.
Il sospetto [Jagten, Danimarca 2012] REGIA Thomas Vinterberg.
CAST Mads Mikkelsen, Thomas Bo Larsen, Annika Wedderkopp, Susse Wold.
SCENEGGIATURA Tobias Lindholm, Thomas Vinterberg. FOTOGRAFIA Charlotte Bruus Christensen. MUSICHE Nikolaj Egelund.
Drammatico, durata 120 minuti.