Lettera aperta per un film che non c’è
Caro direttore Marco Muller e caro presidente di giuria Jeff Nichols, vi scrivo dopo aver assistito al film E la chiamano estate del regista Paolo Franchi, premiato con ben due statuette all’ultimo Festival Internazionale del Film di Roma: miglior regia e miglior attrice protagonista. Vorrei capire alcune cose.
Primo: come può essere ritenuta Arte, a prescindere, la visione reiterata delle parti intime dei protagonisti? Se l’obiettivo della sequenza iniziale era di rendere omaggio al realismo di Courbet e del suo capolavoro L’origine del mondo, forse la cosa doveva fermarsi lì e sarebbe stata, a mio avviso, molto più apprezzata se non altro per il suo carattere di unicità. Invece si è trasformata nella punta di un iceberg ossessivo che menava colpi ai poveri spettatori peggio di un pugile, senza lasciarli il tempo nemmeno di rendersi conto di cosa stava realmente accadendo sullo schermo. Di vagine sul grande schermo noi cinefili ne abbiamo viste a iosa, anche di recente. Si ricorda l’incipit di Killer Joe? Credo che abbia capito da solo la differenza abissale fra i due esempi. Anche sulle fellatio siamo ormai esperti, poiché molti di noi hanno visto film come Diavolo in corpo di Bellocchio o The Brown Bunny di Vincent Gallo, oppure buona parte della filmografia di Tinto Brass e via discorrendo. Con le dovute eccezioni, nella maggior parte dei casi precedenti al film di Franchi si era cercato di motivare tale pratica senza mai cadere nel tranello banale e, mi conceda, sgradevole di mostrare il sesso per il sesso, come in un qualsiasi film pornografico. In secondo luogo vorrei capire il perché del premio ad Isabella Ferrari. Pur non considerandola un’attrice superiore alla media (e la sua filmografia non può che confermare questa sensazione) in questo film mi è sembrata anonima, a tratti irritante. Sarà per colpa della sceneggiatura (nel 98% dei casi lo è), di questo voler ondeggiare fra passato e presente con le voci fuori campo di personaggi che entrano ed escono senza chiedere nemmeno “permesso?”, senza riuscire a raccontare niente, senza trasmettere alcun sentimento che non fosse l’indifferenza per una storia che non interessa al 90% degli spettatori e che annoia gli altri. O forse la colpa va data alla costumista, evidentemente a corto di mutande. Non parlo del premio come miglior regista a Franchi, spero sia dovuto all’inquadratura sbilenca da film noir che troviamo a metà pellicola, però vorrei capire come mai difendete un regista che, pur venendo fischiato ad ogni festival, si permette di dire baldanzoso “in pochi capiscono i miei film”. Per fortuna, aggiungo io. Vorrei inserire E la chiamano estate in un nuovo filone: il cinema dei “telefoni azzurri”. Tutti dovrebbero averne uno a portata di mano durante la visione. Cordialmente, resto in attesa di una vostra risposta.
E la chiamano estate [Id., Italia 2012], REGIA Paolo Franchi.
CAST Isabella Ferrari, Jean-Marc Barr, Filippo Nigro, Luca Argentero.
SCENEGGIATURA P. Franchi, Daniela Ceselli, Rinaldo Rocco, Heidrun Schleef. FOTOGRAFIA Cesare Accetta, Enzo Carpineta. MUSICHE Philippe Sarde.
Sentimentale, durata 97 minuti.