Gender Bender Festival, 27 ottobre – 3 novembre, Bologna
Pris de conscience
E’ davvero un mondo invisibile quello che si respira nell’ultima opera di Sébastien Lifshitz: memorie ancora limpide grazie a profumi, mattoni, carta, cellulosa, ancor più limpide (paradossalmente) con il passare del tempo.
Presentato fuori concorso all’ultimo festival di Cannes e in anteprima nazionale alla decima edizione del Gender Bender, rassegna internazionale bolognese sulle nuove identità sessuali, Les invisibles stravolge il concetto di “omosessualità”, portando alla luce ciò che ancora oggi viene coperto – quasi morbosamente – da un’aura di mistero. E se tutto ciò avviene nel Nuovo Millennio, epoca in cui questo status è conosciuto e (a volte) anche accettato, cosa accadeva negli anni Cinquanta, Sessanta, Settanta, quando anche solo la nomea risultava uno scandalo? Il cineasta scalcia i tabù e concede la telecamera ai protagonisti, offrendo loro ciò che gli è stato sempre sottratto: un’identità. Ecco che allora Pierrot, Babeth, Monique, Bernard, Thérèse, e molti altri, aprono le porte del loro vissuto, raccontando chi la paura, chi l’apatia, chi l’incomprensione, chi la lotta sociale. Ognuno con un modus vivendi diverso: c’è il ragazzino che apprende la propria identità sessuale in età adolescenziale e c’è la moglie e madre a cui la rivelazione fa capolino a cinquant’anni; c’è chi si rinchiude in un matrimonio infelice e chi si unisce alle lotte femministe sessantottine; infine c’è chi si ritrova solo e chi invece si è ritirato in campagna con il proprio amore. In particolare, tra tutti, risalta il personaggio di Babeth, donna forte e determinata, che rivisita in toto la concezione di “normalità”, in stile “Non è bello ciò che è bello, ma è bello ciò che piace”. Non così scontato.
Allontanandosi da una possibile complessità (e banalità) narrativa, Lifshitz sceglie la forma documentario, affinché ognuno dei protagonisti diventi il regista stesso della propria storia. È una delle tante magie del mezzo cinema.
Les invisibles [Id., Francia 2012] REGIA Sébastien Lifshitz
CAST Yann, Pierre, Bernard, Jacques, Pierrot, Thérèse, Christian, Catherine, Elisabeth, Monique, Jacques
SCENEGGIATURA Sébastien Lifshitz. FOTOGRAFIA Antoine Parouty.
Documentario, durata 115 minuti