Televisione e cucina sono sempre andate d’accordo. Gli anni ’50 erano quelli dei consigli per le casalinghe e le massaie, gli anni ’80 erano l’eccesso e la sperimentazione anche dietro i fornelli, a partire dal nuovo millennio invece il bisogno di messa in scena della realtà ha dato origine a un numero incalcolabile di format ibridi che contaminano i diversi linguaggi del piccolo schermo.
In Italia la cucina in tv nasce con il volto di Wilma De Angelis conduttrice di Telemenù (su Tmc a partire dal 1979 e per diciotto anni consecutivi). La formula del programma è questa: un personaggio noto s’impegna ad apprendere i segreti della cucina assieme al telespettatore (fra tanti ospiti che si alternano in studio e decine di sponsor), dopo un certo numero di puntate diventa un cuoco dignitoso – pubblica libri di ricette e vende gadget di ogni tipo – e il format si trasforma in media franchise. La formula funziona, e allora non si cambia; a partire dal 2000 infatti, Antonella Clerici, puntando tutto sulla sua immagine cartooneggiante, conduce La prova del cuoco (c’è anche una piccola gara all’interno del format, ma la competizione è al minimo sindacale); e Benedetta Parodi, stretta in tailleurini da impiegata, conduce la rubrica Cotto e Mangiato (che poi diventa un programma vero e proprio, I menù di Benedetta). Poi arrivano finalmente la pay-tv e il digitale terrestre. Oggi, a qualsiasi ora del giorno e della notte, lo spettatore facendo zapping trova uno chef che prepara una pietanza (Alice e Gambero Rosso sono canali tematici), i consigli per preparare una cena perfetta (Cortesie per gli ospiti), cuochi improvvisati nella cucina di un ristorante (Fuori menù, Chef per un giorno). Siamo nell’epoca del food-show. Ma, se il moltiplicarsi dei canali ha dato origine a format assolutamente innovativi anche nel settore culinario in ambito angolosassone come i docu-food Orrori da Gustare e Man vs Food e i reality-food Hell’s Kitchen e Cucine da incubo condotti dall’istrionico Gordon Ramsey, sulla ricerca d’innovazione del linguaggio televisivo nostrano abbiamo ben poco da segnalare. La ricetta culinaria è una narrazione per sua stessa natura, ma a questa continua da trent’anni a essere affiancato un conduttore, un ospite e poco più. Sarà per retaggio culturale o pigrizia (di chi la tv la guarda e di chi la fa) ma i tentativi d’importazione dei “Food reality television” sono miseramente falliti, con l’unica eccezione di Masterchef, “il talent show culinario più famoso al mondo” (a dicembre va in onda la seconda stagione su Cielo). Tre prove culinarie, tre giudici diversamente e veramente spietati, un concorrente eliminato a ogni puntata, una struttura narrativa semplice e rigorosa che ha la sua arma vincente in un montaggio serrato, asciutto e privo di patetismi. Masterchef è un modello (vedi Chi vuol essere milionario nel decennio precedente), è una “formula matematica” vincente in tutto il mondo, anche in Italia per una volta!