Interno giorno, interno notte
Come in Io non ho paura, anche nel romanzo Io e te di Ammaniti e nel film che ne è stato tratto, lo spazio è la dimensione che ruba il fiato al tempo, sottraendo la percezione del suo incedere.
Nel ripostiglio pieno di cianfrusaglie, avvertiamo non solo il desiderio di nascondersi a se stessi, e quindi al mondo là fuori, ma anche la ricerca di un’immobilità temporale che esorcizzi il trascorrere delle ore. Che l’esterno, e l’estraneo, siano sinonimi di Vita, è piuttosto chiaro. Lorenzo, il quale cerca invano la sua linfa in un narcisismo autoconservativo, si rinchiude in una cantina confondendo l’esclusione come un’occasione di crescita. Affascinato dal comportamento animale, ne sembra suggestionato: l’armadillo, che percorre lo stesso tragitto da una parte all’altra della gabbia, è lo specchio della compulsività di chi evita un ostacolo, invece di provare a superarlo; le formiche invece mettono in risalto la furia ordinatrice del protagonista, che gerarchizza gli elementi dello spazio, e cerca di dare un ordine a ciò che è invece inclassificabile. Non è questo un modo per raccontare il disagio di quell’adolescente, precoce rispetto alla media, che al primo contatto con l’incomprensione dell’altro, preferisce un mondo da predisporre a sua immagine e somiglianza, imprigionando in uno schema l’imprevedibilità della vita e di tutto ciò che sta all’esterno? Non è Olivia, sorella di sangue a metà, quindi un po’ vicina e un po’ lontana, a rappresentare il migliore bastone tra le ruote dell’ingranaggio, lei così incapace a gestirsi, eppure aperta alla casualità, correndo il rischio di ingoiare e poi rigettare il lato marcio dell’esistenza, per assaporarne quello buono? Lorenzo e Olivia si incontrano e si lasciano dopo aver condiviso un tragitto in cui i gesti si fanno apprezzare più delle parole. L’inconsistenza di alcuni scambi verbali e la sensazione, nel finale aperto, che qualcosa sia rimasto troppo in sospeso o potesse essere detto meglio – ma è chi scrive a essere forse un po’ esigente – rivela del resto l’efficacia di una forma diversa di interazione, che è poi quella in grado di aprire un varco nel cuore inesperto di Lorenzo, e di permettere un contatto più morbido e quasi materno alla scostante Olivia. La scena del ballo tra i due è il momento più alto del film, in cui la musica e la danza, che meglio di ogni altro linguaggio sanno rendere la complessità ritmica della vita, nonché il suo scorrere eterno, riescono ad arrivare dove non può il raziocinio a tratti ottuso di Lorenzo: congiungere, immortalare e rendere liberi.
Io e te [id., Italia 2012], REGIA Bernardo Bertolucci.
CAST Jacopo Olmo Antinori, Tea Falco, Sonia Bergamasco, Pippo Delbono.
SCENEGGIATURA B. Bertolucci, Niccolò Ammaniti, Umberto Contarello, Francesca Marciano. FOTOGRAFIA Fabio Cianchetti. MUSICHE Franco Piersanti.
Drammatico, durata 103 minuti.