INEDITO – GERMANIA/GB/SVEZIA/DANIMARCA 2011
“That is how life goes on”
Un contagio senza motivazioni provoca la perdita di tutti i sensi uno dopo l’altro, in tutti gli abitanti del mondo. Prima i sensi chimici, l’olfatto e il gusto, poi l’udito e così via.
La cronaca della tragica circostanza è narrata dalla voce di Susan/Eva Green, protagnista epidemiologa impotente di fronte alla tragedia: le sue parole fanno da cornice e da scarna contestualizzazione, mentre il film si concentra sulla storia d’amore, che cresce parallelamente al contagio, tra la donna e Michael/Ewan McGregor, chef nel ristorante sotto casa di lei. A Mackenzie non interessa evidentemente il realismo della situazione, ma lo sposarsi della catastrofe con il romantico emergere dell’amore tra due personaggi “esemplari”, entrambi più di altri colpiti anche nel lavoro dalle implicazioni degli eventi. Il degenerare della situazione globale viene lasciato quasi sempre fuori campo, relegato a pochi momenti in corrispondenza del picco emotivo sintomo della successiva perdita, che trasformano le strade di Glasgow in scenario post-apocalittico. Gli spettri del terrorismo e della fine del mondo rimangono sullo sfondo come dicerie, mentre Mackenzie sceglie l’intimità di due (già) sopravvissuti a un passato doloroso, che reagiscono alla più inesorabile delle realtà, quella del contagio, rifugiandosi l’uno nell’altra. Dei due è soprattutto Michael che coglie di volta in volta nella condivisione e nella capacità di adattamento i mezzi per superare ogni gradino in discesa verso l’orrore. La pragmatica è impossibile anche per Susan e il suo esiguo staff di scienziati, in effetti del tutto superfluo e fin da subito stranamente rassegnato. La riscoperta dell’importanza dei sensi procede insieme nell’amore “tattile” e nella cucina di Michael, luogo di sperimentazione di sensazioni, simbolo dell’istinto vitale che soppresso da una parte riemerge inevitabilmente da un’altra. Le idee della resistenza sensoriale, in un tempio del gusto quale è il ristorante, sono tra le migliori del film (di notevole impatto anche la sequenza della violinista che rievoca gli odori suonando), destinate a diradarsi con il progredire dell’epidemia, lasciando il posto a scene di frustrazione e distruzione. Una battuta d’arresto momentanea dal pretesto un po’ discutibile, vista la natura degli eventi, ha la funzione di normalizzare forse eccessivamente la relazione in vista di un finale che appare nonostante tutto quasi ottimista. Dalle premesse ambiziosissime, Perfect Sense trova nell’intimismo una chiave interessante da cui leggere una catastrofe umana, ma rischia che lo scollamento dei protagonisti dal quadro di insieme raffreddi il coinvolgimento piuttosto che incrementarlo.
Perfect Sense [Id., Germania/GB/Svezia/Danimarca 2011], REGIA David Mackenzie.
CAST Ewan McGregor, Eva Green, Connie Nielsen, Stephen Dillane.
SCENEGGIATURA Kim Fupz Aakeson. FOTOGRAFIA Giles Nuttgens. MUSICHE Max Richter.
Drammatico, durata 92 minuti.