Reality fuori tempo
“Non abbandonate mai i vostri sogni”. Questa frase si imprime indelebile nella mente di Luciano, pescivendolo con moglie e figli a carico, una truffa qua e là per arrotondare il magro stipendio. Le magiche parole sono pronunciate da Enzo, celebrato finalista dell’ultimo Grande Fratello, simbolo di un successo e di una ricchezza alla portata di tutti, a patto di crederci ciecamente: “never give up” ripete Enzo come un mantra in risposta a sguardi adoranti.
E Luciano non mollerà il suo sogno, finirà anzi con l’esserne progressivamente ossessionato e poi travolto, fino a smarrire e a confondere i confini tra realtà e finzione. L’effimero momento di gloria batte la concretezza un po’ asfissiante degli affetti familiari; il miraggio di un mondo luccicante, artificioso e (soprattutto) ricco è richiamo ben più potente della faticosa e sudata esistenza quotidiana. Garrone rende complice lo spettatore di un gioco inquietante in cui il nostro sguardo si trova a coincidere con il suo, architetto di un mondo kitsch popolato da un’umanità colorata e insignificante che si dibatte invano cercando ancore (televisive o religiose) di salvezza, mentre la macchina da presa avvolge il protagonista con occhio onnisciente e indiscreto. Però Luciano vuole essere osservato, controllato, spiato, perfetta nemesi di Truman Burbank. E quando la realtà si fa insostenibile e sul Sogno incombe l’ombra del fallimento, a Luciano non rimane che superare l’ultimo limite: la consapevolezza di sé. Nel perdersi definitivamente, eccolo trovare la pace. Garrone gira un film ambizioso, curato nella messa in scena, con momenti felliniani surreali e sfarzosi (l’inizio su tutti) e un finale freddamente agghiacciante. E’ interessante notare come due autori affermati quali Sorrentino e Garrone raccontino il nostro paese con toni surreali nel descrivere mondi grotteschi popolati da maschere (dalla politica de Il Divo alla criminalità di Gomorra), come se uno sguardo realistico potesse apparire insopportabile a un pubblico già provato giornalmente da brutture e scandali. Tuttavia stupisce che un film come Reality sia uscito soltanto ora, quando anche un fenomeno televisivo come il Grande Fratello ha perso importanza, superato da nuove forme d’intrattenimento e controllo di massa. Davvero un peccato, perché in questo modo tutta l’operazione perde suo malgrado forza e interesse: nella società liquida contemporanea la prontezza nel cogliere l’impatto sociale di un fenomeno, provando a raccontarne e analizzarne l’importanza, è spesso il valore aggiunto di un’opera. Garrone appare irrimediabilmente in ritardo sui tempi, lasciandoci un film vagamente superfluo, sineddoche (questa sì, perfetta) dell’Italia smarrita di oggi.
Reality [id., Italia/Francia 2012] di Matteo Garrone.
Con Aniello Arena, Nando Paone, Loredana Simioli, Nunzia Schiano.
Sceneggiatura di Maurizio Braucci, Ugo Chiti e Matteo Garrone, fotografia di Marco Onorato, musiche di Alexandre Desplat.
Commedia Drammatica, durata 115 minuti.
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