Ritrarre un Paese
Una tensione continua attraversa l’ultima pellicola di Matteo Garrone, nata dal rapporto tra la sceneggiatura e la messa in scena e portata dalla volontà e dal dovere raccontare una storia che diventi specchio del nostro Paese, qualcosa che ci rappresenti.
Ma “mostrare” è qualcos’altro: Garrone è come se non se la sentisse di racchiudere nel racconto un significato, e non si tratta di insicurezza quanto al contrario di uno sguardo che non sia vincolato da una narrazione. Tutto ciò potrebbe far rientrare il regista romano in quella cerchia di autori che si allontanano dal racconto per diventare veri maestri dell’immagine non subordinandola ad una successione di eventi, così da entrare nell’alveo degli Autori; ma la sua è un’assoluta naturalezza che ovviamente porta con sé dei difetti, soprattutto nell’assenza di un moto narrativo capace d’abbracciare tutta la pellicola. E’ lo stile ciò che colpisce di più in Reality, basato sul piano sequenza, con la camera sempre addosso ai protagonisti e nel quale ad essere costantemente negata è la profondità di campo. Tutt’uno con lo spazio, queste divengono figure principi di un luogo in disfacimento, forse quest’ultimo non progressivo ma costante nelle sue varie forme (dal barocco kitsch alle strutture falso avveniristiche televisive). Garrone segna la sua pellicola con una forte pittoricità e dal prolungamento temporale delle singole sequenze, aspetti che divengono gli indici principali di un mostrare lontano dal fare racconto, e se la lunghezza dei piani sequenza iberna la vicenda facendo perdere lo spettatore in luoghi privi di una tracciabilità spaziale, la gran capacità fotografica di Marco Onorato mostra come la sua abilità nel cogliere il Paese sia una necessità prettamente visiva. Emblematica da questo punto di vista è la scena del parco acquatico, in cui è impossibile ridurre a parole la disarmonia che viene a crearsi e le luci tenui contrastano i colori sgargianti in un cielo devitalizzato e nuvoloso che perfettamente rende quella sensazione di tristezza di “colorata decadenza” italiana. La progressiva spogliazione scenografica così come il donare ai poveri ciò che arreda la propria casa, mostra lo scheletro delle nostre abitazioni. Ciò che rimane non è la desolazione di casolari vecchi e stantii, ma superfici lisce e spersonalizzanti tutte simili e forse provenienti dallo stesso luogo, che mostrano una base esistenziale comune e dal quale per differenziarsi l’unico modo è quello di aggiungere continuamente qualsiasi cosa da origini sempre diverse per riuscire a mostrare “un” se stesso. Appunto, apparire come essenza dell’essere.
Reality [id., Italia/Francia 2012] di Matteo Garrone.
Con Aniello Arena, Nando Paone, Loredana Simioli, Nunzia Schiano.
Sceneggiatura di Maurizio Braucci, Ugo Chiti e Matteo Garrone, fotografia di Marco Onorato, musiche di Alexandre Desplat.
Commedia Drammatica, durata 115 minuti.
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