Addio Nancy
Dopo sette anni, finisce Weeds, la serie tv della Showtime, mai andata oltre la quarta stagione in Italia, dove, tra slittamenti dalla seconda alla terza serata, rinvii e cancellazioni, si è dovuta arrendere alle logiche oscurantiste del consiglio di amministrazione Rai.
Nel 2006, per non turbare “quelli che benpensano”, Rai 2 la mandava in onda nella fascia oraria di Marzullo e Gabriele La Porta. Non perché si parlava di droghe, diciamolo subito. La serie non era rivolta ai cultori della canapa più di quanto lo fossero i due mostri sacri dell’intrattenimento notturno, amatissimi dai fumatori insonni. La marijuana a cui si riferisce il titolo è solo il filo conduttore degli episodi; un elemento importante della narrazione in cui è però assente qualsiasi propaganda pro cannabis/legalizzazione/istigazione a piantarla. L’idea di Jenji Kohan è piuttosto una commedia nera senza tabù, irriverente quando parla di sesso, quasi sempre politicamente scorretta, più di ogni altra cosa abile nel rovesciare il modello tradizionale di famiglia e, in essa, il ruolo della donna. La famiglia Botwin è l’esatto contrario di quelle che la circondano… tutte uguali e rinchiuse in “little boxes”, come ironizza il brano della cantautrice e attivista americana Malvina Reynolds nella sigla iniziale. Rivisitato da tanti artisti nel corso delle otto stagioni (tra gli altri i Linkin Park, Elvis Costello, Aimee Man, Joan Beaz, Billy Bob Thornton), è perfetto per descrivere sarcasticamente i sobborghi della immaginaria cittadina di Agrestic. Le “piccole scatole” sono le modeste villette a schiera della borghesia di provincia. Ci vivono dottori, avvocati e dirigenti che giocano a golf, bevono Martini Dry, ma sono sempre stati “chiusi in box – come Marzullo e La Porta – e ne sono usciti tutti uguali”. A pochi metri dai loro barbecue, che aumentano il fumo intorno a casa Botwin, si vive senza regole e percorsi prestabiliti. Silas cura le sue coltivazioni ed è quasi un bravo ragazzo a confronto del piccolo Shane, già pericoloso a dieci anni. C’è zio Andy, fiero di poter insegnare ai nipoti come masturbarsi o ottenere le prestazioni di una prostituta anche se minorenni. Va da una stanza all’altra il mitico Doug, mai sprovvisto di erba, psicofarmaci e battute indecenti. Ma tutto gira intorno a Nancy (una straordinaria Mary-Louise Parker). Lei, che ha ancora voglia di fare sesso con uno sconosciuto dopo una giornata passata a destreggiarsi tra polizia e mafia messicana. Come si diceva, una mamma indecente agli occhi di una nonna Rai incline a passare dalla sagrestia prima di decidere cosa è moralmente corretto far vedere sulla TV di Stato. Un vero peccato perché Weeds merita l’accoglienza ricevuta negli Stati Uniti. La ricorderemo per i dialoghi esilaranti e la bravura degli attori. Una serie un po’ sballata ma fuori dal coro, tenace, coerente e a suo modo romantica. E’ così che si mostra nel nostalgico epilogo a chi, senza pregiudizi, le si è affezionato negli anni.