Mi chiamo Allen e faccio il clown
Presentato all’interno di “Cannes Classics” nell’ultima edizione del festival francese, in un montaggio di durata inferiore a quella della versione destinata al grande schermo, Woody potrebbe non soddisfare tutte le curiosità dei fan sulla vita privata dell’artista newyorchese.
Le relazioni con Louise Lasser, Diane Keaton (che si innamorò di lui a prima vista) e Mia Farrow sono appena accennate, così come lo scandalo del rapporto di Allen con la figlia adottiva Soon-Yi, scoppiato durante la lavorazione di Mariti e mogli. E ci resta il dubbio su quali e quante delle nevrosi dell’Allen personaggio appartengano per davvero all’Allen uomo. Tuttavia, il film sintetizza con competenza la sua carriera, dagli esordi come autore e monologhista comico, fino al recente successo di Midnight in Paris. Come succede di solito in questo tipo di documentari, vengono utilizzate fotografie e filmati di repertorio per raccontare il passato del personaggio. Non mancano, quindi, vere e proprie chicche, come la registrazione televisiva dell’incontro di pugilato tra Woody e un canguro, oppure Allen alle prese con un cane che canta. Si mostrano anche dichiarazioni della madre, che lo descrive come un bambino vivace e un figlio poco affettuoso, e della sorella Letty. Ma è lo stesso Allen a condurci sui luoghi della propria infanzia a Brooklyn, trascorsa in una famiglia numerosa, giocando per strada e bigiando la scuola per rifugiarsi al cinema. E a indicarci la casa dove è nato e il posto dove sorgeva il suo cinema preferito. Pessimo studente, lontano dai banchi di scuola Allen dimostra tutta la sua intelligenza, con una filmografia unica nel cinema statunitense, all’insegna della riflessione su temi complessi, quali la morte, i rapporti tra le persone, il senso dell’esistenza, come fa notare Robert Lauder, sacerdote e studioso di cinema intervistato nel film. Ottenuto fin dall’esordio il controllo assoluto sui suoi film, che oggi ha anche imparato a promuovere, con Io e Annie Allen inizia a realizzare opere più profonde. Con Interiors dirige il suo primo film drammatico, con Manhattan e i suoi dialoghi realistici, naturali, si libera dell’obbligo della battuta divertente, che sembra frenare l’evoluzione della commedia americana. Scopre, grazie a Diane Keaton, il punto di vista femminile, regalandoci alcuni dei più bei ritratti di donna del cinema contemporaneo e, letteralmente adorato da tutti i suoi attori, continua a suscitare immutato interesse anche tra i critici più annoiati.
Woody [Woody Allen: A Documentary, USA 2012] di Robert B. Weide.
Con Woody Allen, Martin Scorsese, Penelope Cruz, Josh Brolin.
Sceneggiatura di Robert B. Weide, fotografia di Neve Cunningham e Anthony Savini.
Documentario, durata 113 minuti.