Self-made superman
Che un’orda di ragazzine più o meno mature sia corsa nelle sale per vedere Magic Mike, l’ultima fatica dell’ultraprolifico Steven Soderbergh, dimostra solamente che l’advertising, o meglio la pubblicità mirata, ha bisogno di puntare su particelle minime di curiosità.
Chi, come il regista americano, è riuscito a imporsi come autore sia in Europa (palma d’oro a Cannes nel 1989 per Sesso, bugie e videotape) che negli Stati Uniti (Oscar come miglior regista nel 2001 per Traffic), non disdegnando di farsi anche architetto di curatissimi blockbuster, sa bene che la superficie serve ad attirare pubblico, nella speranza che il contenuto catturi più cuori possibili. Magic Mike racconta la breve parabola di un moderno self-made man che cerca di galleggiare sopra la bolla d’aria della crisi utilizzando il suo talento più remunerativo: il corpo. O meglio, la sua sessualità, perché non è attraverso la semplice esibizione di addominali scolpiti e bicipiti marmorei che Mike si riempie le mutande di dollari ogni sera: lui è “il principe azzurro che non è mai arrivato, la storia che le donne non avranno mai”, lui è evasione e peccato. Ma cosa succede quando togliamo questa maschera? Succede che Mike si vede rifiutare un prestito da un’impacciata impiegata di banca (tirocinante? co.co.pro?) col quale avrebbe voluto iniziare a vendere mobili personalizzati, pezzi d’arte unici. Quando questa possibilità gli viene definitivamente preclusa vediamo che la testa mozzata immaginaria che rotola giù dal patibolo della finanza ha il volto asciutto del nuovo sogno americano e la voce candida di chi “legge i giornali” e sa che ad essere davvero in difficoltà non sono gli uomini ma le banche. Quello di chi prova a reinventarsi dopo il baccanale globale attraverso un‘occupazione normale, anche se stravagante, e una relazione normale, sentimentale prima che sessuale. A un certo punto Mike scopre che anche la sua compagna di sesso a tre, la studentessa Joanna, ha deciso di impegnarsi con un’unica persona ed è quello il momento in cui il suo castello di cartone vacilla con maggiore fragore e l’unicità, intesa come non replicabilità, si riafferma come unica realtà possibile. Per questo Mike continua a sognare di vendere mobili personalizzati e si innamora dell’unica ragazza che non lo ha acclamato sul palco, per questo Joanna abbandona il trio per la coppia e per questo tutti gli altri lentamente spariscono, prigionieri dei loro personaggi. Per sapere chi l’avrà vinta, fra la forza della massa e la volontà non replicabile del singolo, bisognerà aspettare ancora qualche anno e molti altri film.
Magic Mike [id., USA 2012] di Steven Soderbergh.
Con Channing Tatum, Alex Pettyfer, Matthew McConaughey, Olivia Munn.
Sceneggiatura di Reid Carolin, fotografia di Peter Andrews (a.k.a. Steven Soderbergh).
Commedia drammatica, durata 110 minuti.