DVD – USA 1995
Conoscere se stessi
Intitolare un film sui vampiri The Addiction (“la dipendenza”) mostra fin da subito come l’elemento horror sia solo strumentale, e che il vero interesse autoriale risieda altrove. Ferrara, insieme allo sceneggiatore abituale Nicholas St. John, non si preoccupa mai di mascherare troppo la sua pellicola, ma al contrario il conflitto viene palesato fin dall’apertura.
The Addiction rappresenta senza grosse mediazioni una riflessione sulla consapevolezza del male, in cui le immagini d’apertura – dedicate ad una strage in Vietnam – sono la chiave rappresentativa di una consapevolezza della società che vede nella richiesta di giustizia uno strumento riparatore della propria verginità morale infranta; ma ciò che sta al cuore della pellicola è come il male venga poi affrontato in se stessi. Nell’immaginario comune il vampiro incarna perfettamente l’essere che ha oltrepassato il confine tra il bene e il male (in questo il lavoro di Ferrara sembra apertamente ragionare sulle basi filosofiche proprie di Nietzsche e Schopenhauer), anche se in The Addiction la propensione a fare del male in realtà sembra non essere altro che il modo di mettere fine ad una fame continua, una vera dipendenza, portando ad interrogare ancora di più la propria coscienza. L’esile narrazione, che vede come protagonista una studentessa di filosofia morsa da un vampiro, viene intervallata da fasi notturne in cui la trasformazione diviene sempre più un’irreversibile forma di dipendenza (chiari i riferimenti alla tossicodipendenza, tematica costante nel cinema e nella vita di Ferrara) ad altre ambientate di giorno in cui le lezioni divengono pretesto per riassumere e palesare le ispirazioni filosofiche, che rivestono così un ruolo predominante nella vicenda rappresentata. Seppur raffinato visivamente – sono ben riconoscibili le atmosfere dell’espressionismo e del noir classico – The Addiction rimane imprigionato nella sua struttura fin troppo meccanica e che mal si presta ad affrontare e accettare uno svolgimento omogeneo, divenendo didascalico e didattico nelle intenzioni. Allo stesso tempo tutto questo non impedisce al cineasta di realizzare un’opera sentita ma lucida, nella quale l’essere è costretto a versare per tutta la propria esistenza nel dolore e il vampiro si fa suprema metafora dell’uomo in quanto immortale (quindi impossibilitato alla fuga dalla propria condizione). Il male nell’essere umano diviene la sua prima manifestazione ontologica e il terreno dove si scontrano la morale e una costante, disperata e necessaria dipendenza all’autodistruzione.