Il prezzo del dolore
Pietà, che narra del rapporto violento e morboso tra una madre e il figlio ritrovatisi per la prima volta solo trent’anni dopo l’abbandono di quest’ultimo, è tra le opere più disperate di Kim Ki-duk.
L’assoluzione potrebbe avverarsi: i due rivivono un’infanzia tardiva passando prima però attraverso l’incesto, prova ultima che la donna è costretta a superare per dimostrare la reale appartenenza sanguigna tra i due.
Assoluzione, appunto, da una violenza perpetuata senza vincoli dal protagonista durante la riscossione di debiti, in cui la mutilazione o lo storpiamento sono viatici unici e conosciuti, da lui messi in atto con una freddezza indice principale della sua disperata esistenza, da una condizione di solitudine a cui sembra non esserci mai stato rimedio. Pietà mette al centro una violenza regolata dalla supremazia fisica rispettata e attuata gerarchicamente fino al più debole, dove l’animale diviene simbolo per eccellenza di una società che continua a sfruttare se stessa. La resa scenografica degli spazi diventa la cifra stilistica per eccellenza nel rendere il dolore fisico di un degrado esistenziale, non sono solo i vicoli nei quali si muovono i protagonisti a immergere lo spettatore in un mondo privo di sguardi liberi e sempre legati a un grigiore esistenziale impossibile da abbandonare. Sono prima di tutto gli ambienti (le metalliche saracinesche sono prigioni di dolore) e gli strumenti di lavoro (con le loro presse e tagliole) a emanare costantemente una sensazione di dolore fisico, e provocato dalle lunghe sequenze che precedono le azioni di violenza del protagonista. Nonostante questo, il dolore fisico è solamente un viatico, sopportabile, che conduce però al dolore esistenziale, vera fonte di disperazione, che contraddistingue tutti i personaggi e al quale solo con il sacrificio sembra esserci rimedio. Ciò che però sembra essere a tratti presente, è una certa compiacenza da parte del regista sudcoreano nel mettere in scena la violenza corporale, portata forse da uno svolgimento del racconto sì costruito ma a momenti meno sentito. Pietà in ogni caso è una pellicola dall’indubbia potenza visiva ed emotiva, attenuata solo in parte dai difetti, e che riesce a non cedere mai allo scandalo gratuito, donando sempre il senso profondo alle azioni dei protagonisti. Ma su questo forse nessuno aveva alcun dubbio.