Il corpo frainteso
Juliette Binoche è Anne, giornalista alle prese con un articolo sul fenomeno della prostituzione giovanile tra le studentesse: la scrittura della storia diventa il pretesto per un’autoanalisi rivolta alla presa di coscienza dei vuoti emozionali e sessuali che divorano l’esistenza apparentemente perfetta della donna.
La scelta di raccontare a ritroso, partendo dal momento di rielaborazione delle parole delle ragazze e di messa in forma dell’articolo, dà alle numerose, insistite scene di sesso che punteggiano il film uno statuto indecidibile tra la fantasia della donna e la visualizzazione del ricordo narrato dalle due giovani intervistate. Malgorzata Szumowska sceglie di connettere a un punto di vista non neutro il racconto dell’esperienza delle due ragazze con i loro perché cui non sanno rispondere, ma non riesce a sollevarsi dalla descrizione di una crisi individuale che appare semplicisticamente legata al sentore dell’età che avanza piuttosto che al confronto di corpi, pulsioni ed esperienze. Si sottintende una sostanziale sfiducia nell’utilità di un’inchiesta giornalistica per rivista patinata (Elle) interessata all’argomento “del momento”, pretesto per far emergere la frustrazione di Anne, che si palesa nel contrasto tra la tenuta e la perdita del controllo sul proprio corpo e rimbalza tra le pareti di una bella casa, rimanendo tuttavia troppo generica per poter coinvolgere. La regia e il montaggio affidano ad opposizioni fin troppo nette la distanza tra l’universo di Anne – una mescolanza fredda di agio elegante e sottofondo intellettuale – e quello delle ragazze, suddiviso in altrettante concessioni agli opposti cliché della fanciulla acqua e sapone, Charlotte/Lola, e di quella appariscente e provocante, Alicja (stereotipi trasferiti anche nell’abbozzo di rapporto che Anne instaura con le due giovani). Dietro la vita delle ragazze si intuisce la lusinga del guadagno facile più che la scelta disperata, dunque un marcio normalizzato con il benestare del background sociale, che avrebbe meritato un’indagine più approfondita. Le miserie dell’universo maschile fanno da sfondo, tra rispettabili uomini d’affari, giovani rampanti e depravati vari: tutti uniti a dare del genere uno spettacolo miserrimo, fondale su cui le donne sono costrette a muoversi invischiate. Ha poco senso però accomunare lo spettacolo degradante dei clienti con gli uomini di Anne, così ordinari nelle proprie delusioni e ribellioni (il marito con il suo film porno, il figlio e i suoi scontri all’acqua di rose). Le reazioni di Anne, sia l’invettiva contro il marito che il silenzioso disgusto alla cena, suonano allora vuote e fuori luogo, e consegnano un ritratto di donna irrisolto e per nulla incisivo; mentre Charlotte e Alicja rimangono relegate ai margini del racconto, ad annaspare in una vita che il film tralascia di considerare.