Tra fantascienza e horror
È il 1979 quando Ridley Scott con Alien rinvigorisce il filone horror fantascientifico degli anni Cinquanta con la creatura aliena più famosa della Storia del Cinema. Dallo straordinario successo del film seguirono quattro sequel, due spin-off e crossover con Predator, fino al prequel Prometheus, ultima riesumazione dell’incubo ad opera di Ridley Scott.
Se la fantascienza precedente, spesso di serie B, esprimeva attraverso invasioni aliene la “paura del rosso” in un clima di Guerra Fredda, Scott traghetta il genere nello spazio profondo, a bordo dell’astronave Nostromo e su un pianeta deserto dove lo sfortunato equipaggio scopre una forma di vita aliena. Nessun contatto con la Terra, nessuna comunicazione, il gruppo sembra abbandonato a se stesso in un’aura di mistero, disperso per l’enorme vastità dello spazio in un tempo indefinito. Fin dai primi fotogrammi, accompagnati dai titoli di testa di Saul Bass, una sensazione di opprimente claustrofobia accompagna protagonisti (e spettatori) senza lasciar scampo: prevalgono colori scuri, tetri, l’astronave è composta da stretti passaggi e cunicoli, anche il pianeta è cupo e la mostruosa creatura aliena ben si mimetizza con le strutture meccaniche della Nostromo. Solo un componente dell’equipaggio riuscirà a sopravvivere – una donna e non più il classico eroe maschile: Ellen Ripley, interpretata da Sigourney Weaver. Se in 2001: Odissea nello spazio (1968) di Stanley Kubrick l’ossessione tecnologica era rappresentata dal computer HAL 9000, qui è incarnata nell’ufficiale scientifico, un robot che imita perfettamente l’essere umano tant’è che la sua condizione di macchina è sconosciuta anche al resto dell’equipaggio. L’automa, allo scopo di proteggere l’incredibile scoperta, è disposto anche ad uccidere i suoi compagni. La tematica che più colpisce è tuttavia un’altra, quella della nascita. In Alien l’astronave sembra un enorme apparato genitale femminile contenente migliaia di uova ed è lì che uno dei membri dell’equipaggio viene letteralmente fecondato. Riportato alla Nostromo, è dal suo ventre che l’Alien “nasce”: l’umano si è mescolato con l’alieno divenendo un tutt’uno, il suo corpo una sorta di incubatrice, pura macchina che nel momento in cui non è più necessaria viene gettata via.
Già dal secondo film la saga cambia “pilota”: Aliens – Scontro finale (1986) è diretto da James Cameron, regista che punta sulla spettacolarità di scontri fra marines e Aliens, cercando però anche di spiegare i misteri irrisolti del primo film. Mentre Alien3 (1992) di David Fincher vira decisamente sugli aspetti psicologici di Ellen Ripley, resta trascurabile invece il quarto film della serie, Alien – La clonazione (1997) di Jean-Pierre Jeunet che non poteva non riferirsi alle scoperte scientifiche sulla clonazione dell’epoca. Ma lo scempio maggiore è stato compiuto con gli inutili crossover con Predator, che sfruttano solamente il grande successo generato da una saga che ha saputo abilmente mescolare fantascienza e horror, dando letteralmente vita ad un nuovo ed inquietante genere.