INEDITO – NORVEGIA 2010
Il ritorno di Alf
Dove pensavate fosse finito Alf, il peloso protagonista della serie tv anni ’80? Secondo le immagini di The Troll Hunter, film norvegese del 2010, ha assunto dimensioni mastodontiche, ha fondato una dinastia troll e vive in Norvegia, il cui governo locale cerca di nascondere al popolo le tracce dell’esistenza sua e di tutti i suoi simili. Questa è ovviamente una deduzione personale e opinabile.
Se, ai primi minuti, il film potrebbe essere considerato un buon tentativo di continuare la tradizione dei falsi documentari-found footage, arrivato all’apice con The Blair Witch Project (1999), con la comparsa sullo schermo di questi pupazzi giganti la misteriosa “pellicola ritrovata” perde ogni credibilità. Seguendo la linea cronologica dello sviluppo dei fatti, il film si attiene ai dettami del genere documentario: didascalie iniziali per prendere le distanze dalle immagini pervenute da fonti anonime, scene pseudo-domestiche per uno straniamento allo stato puro, nomi dei personaggi corrispondenti alla realtà e un’abbondanza di riferimenti geografici quasi ridondanti. Esiste una certa attitudine a identificare il cinema indipendente del Nord Europa con film surreali, misteriosi e molto spesso algidi: diciamo che in questo caso dobbiamo dare ragione allo stereotipo. I tre protagonisti, mossi da una curiosità al limite del gossip, si imbattono in rudi cacciatori di orsi, dalle poche parole e molti pick-up. A fare compagnia alla gommapiuma dei troll, arriva poi il pelo di nylon degli orsi di peluche trasportati dalla Polonia per sviare eventuali sospetti su queste attività ai margini della legalità. Il film quindi, dopo un primo colpo alla propria credibilità con l’apparizione del troll, non risale più la china del declino inesorabile che lo affligge, fino ad un epico scontro finale fra titani. Se lo scopo del film era di voler intrattenere il pubblico, la missione può dirsi riuscita. Se invece la pellicola si voleva porre come fonte attendibile di notizie atte a far nascere dubbi di tipo complottistico, in questo caso The Troll Hunter si tradisce un po’ troppo spesso, anche nella sua stessa natura di genere ben poco delineato. E tradisce anche le aspettative di quegli spettatori che, dalle sue inquadrature, speravano di poter trarre una qualche realistica impressione e reazione intellettuale.