Speciale 69° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia
VENEZIA 69 – CONCORSO
Mondi sommersi
Fin dal primo lungometraggio Masahista (2005), storia vera di un giovane massaggiatore omosessuale, il regista filippino Brillante Mendoza si è imposto all’attenzione del pubblico – soprattutto festivaliero – per la sua capacità di shockare lo spettatore mostrando microcosmi straordinariamente verosimili, filmati senza nascondere nulla.
Chi ama Mendoza lo fa elogiando caratteristiche che sono le stesse per cui i detrattori lo detestano. Non sfugge a questa logica Thy Womb, presentato all’ultima Mostra del Cinema di Venezia: l’agrodolce vicenda di Shaleha, levatrice Bajau nella remota isola di Tawi Tawi, è iperrealismo ma anche pornografia, che documenta il “reale” e la quotidianità senza filtri. Avvicinandoci al singolo caso di Shaleha, che paradossalmente non può avere figli ed è quindi disposta a permettere al marito di farsi una nuova vita, veniamo spinti ad abbracciare un’intera comunità. Scopriamo la desolante povertà, l’attaccamento alle tradizioni e i labirinti delle città galleggianti in cui questi “nomadi del mare” si muovono, tra vicoli, mercati e macerie. Mendoza, nel suo pedinamento, semplicemente non ci lascia scelta: dobbiamo guardare, anche quando pudicamente vorremmo distogliere lo sguardo. Nella doppia scena del parto la macchina da presa non solo non omette l’immagine “sconveniente” ma la sostiene e la dilata all’infinito, costringendoci ad una visione spesso insostenibile. Ancora una volta, riemerge il dilemma: siamo di fronte ad un estremo slancio di onestà morale o ad un bieco atto di falsità e manipolazione? La risposta probabilmente non esiste, perché l’inganno del cineasta è proprio questo: scuotere l’etica dell’osservatore, torturarci con il senso di equivocità insito in noi stessi (più che nell’opera in sé). Molto probabilmente, Mendoza aspira addirittura a qualcosa di ancora più alto, ai limiti della presunzione: vuole forzarci ad abbandonare il pregiudizio, ci chiede esplicitamente di fidarci di lui rigettando tutto ciò che fino a quel momento abbiamo creduto essere cinema. Solo così possiamo “salire” sul film, prendere parte al processo creativo e, meta-cinematograficamente, rinascere. Per chi accetta le regole del gioco, il premio sarà la totale immedesimazione in un’opera d’Arte unica, indimenticabile e irripetibile; per chi le rifiuta, lo scotto da pagare sarà la convinzione di aver assistito ad uno spettacolo sterile, compiaciuto e freddo. Thy Womb lascia a noi il libero arbitrio, la totale autonomia della scelta. Ma anche se questa fosse solo un’illusione, sarebbe comunque la dimostrazione delle enormi potenzialità che il cinema ancora possiede.
Thy Womb [Sinapupunan, Filippine 2012] REGIA Brillante Mendoza.
CAST Nora Aunor, Bembol Roco, Lovi Poe, Mercedes Cabral.
SCENEGGIATURA Henry Burgos. FOTOGRAFIA Odyssey Flores. MONTAGGIO Kats Serraon.
Drammatico, durata 100 minuti.