“Qui comincia l’avventura…”
Bachir come “Portatore di buona novella”, Lazhar come “Fortuna”. Il suo nome è di buon auspicio, ma nel caso di Monsieur Lazhar può suonare persino beffardo. Rifugiato sans papier e improvvisato supplente di una maestra suicida, Bachir (Mohamed Fellag) ha a sua volta una perdita alle spalle.
Ma la classe “non è fatta per riversare sugli altri la propria disperazione” e riattribuirle la sua funzione – di zona franca e luogo di crescita – è l’obiettivo del protagonista. Per il suo quarto film Philippe Falardeau sceglie il rapporto tra alunni e insegnante portato in teatro da Évelyne de la Chenelière, preferendo al fascino di L’attimo fuggente la realtà quotidiana di La classe e il problema di Detachment – Il distacco. L’elaborazione del lutto di Bachir procede di pari passo a quella dei suoi allievi, entrambe sofferte nell’intimità e giudicate da commissioni esterne. Ma non ci sono buoni e cattivi, nessuno ha del tutto torto o ragione, la vita è gravida di sfumature e l’ambiguità è la cifra stilistica che il film persegue in ogni elemento. Bachir ne apprende la complessità nel tête-à-tête con un sistema scolastico di cui la classe è espressione simbolica, con lui che tenta di lasciarvi un’impronta – con file dritte o violette africane – e lei che risponde colpo su colpo, con il cassetto che rifiuta il registro. Falardeau ne mette in forma il disagio in accenti sommessi e per questo incisivi, disseminando la rappresentazione di vetri interposti di incomprensione. Intrappolati tra scale e recinti, i protagonisti subiscono regole che li trascendono, negando loro il contatto con la realtà (così come quello tra alunni e insegnanti) senza riuscire comunque a affrancarli da eventi ingiusti o imprevedibili. “È la vita che è violenta” e a saperlo più degli altri sembrano essere i bambini che la sopportano con una forma di spontanea consapevolezza. Il loro grido silenzioso emerge inascoltato, dal rapporto disforico con i genitori – troppo assenti o troppo inflessibili – alle mancanze di una scuola che preferisce provvedimenti formali a un più efficace confronto umano. Ne deriva una precarietà diffusa, un senso latente di abbandono che si riflette nella mania di Simon di immortalare i propri insegnanti, oppure nei toni morbidi ma malinconici, nella neve che avvolge ma mette a tacere, la linea è sottile tra rischio ed errore, tra protezione ed ingerenza, tra la distanza e la defezione. Cercare comunque l’incontro, portarlo avanti con dedizione non è sufficiente. Ma è necessario.
Monsieur Lazhar [Id., Canada 2011] REGIA Philippe Falardeau.
CAST Fellag (Mohamed Saïd Fellag), Sophie Nélisse, Emilien Néron, Danielle Proulx.
SCENEGGIATURA Philippe Falardeau. MONTAGGIO Stéphane Lafleur. MUSICHE Martin Léon.
Drammatico, durata 94 minuti.