Speciale 69° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia
VENEZIA 69 – CONCORSO
Grovigli
Una Russia gelida sotto tutti i punti di vista, un’umanità arida e anaffettiva, una passione rovente e sensuale, l’incomunicabilità, la solitudine, il perturbante: ecco ciò che emerge dalla visione del primo film in concorso alla 69° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, Izmena di Kirill Serebrennikov.
Izmena è un film sulla gelosia e il tradimento (quest’ultimo è la traduzione del titolo russo), che racconta, in un gioco basato sul motto “occhio per occhio, dente per dente”, una storia d’amore che supera impedimenti e il passare del tempo, mediante un dramma dalle venature thriller e misteriose.
Una cardiologa, di proposito, riceve nel suo studio un uomo cui confessa che i rispettivi coniugi sono amanti, e se in un primo momento questo reagisce malamente, in seguito inizia a sua volta una relazione clandestina con la dottoressa che porterà i due a un innamoramento “fatale”. La pellicola è eterogenea, per struttura e rimandi simbolici tipici di certo cinema d’autore che rasentano in alcuni momenti il comico involontario, ed è nettamente divisa in due parti: la prima più canonica e banale, la seconda misteriosa e con intriganti escamotage di sceneggiatura. Questa doppia struttura rovina in parte il giudizio finale sul film, perché se il regista avesse intrapreso un unico percorso, la vicenda non peccherebbe di inverosimiglianza e di complessità. Lo sguardo dello spettatore è catturato da una regia e da una fotografia singolare che esalta i corpi e i volti degli attori, che si muovono come entità stranianti in un ambiente desolante e allo stesso tempo lussuoso. Il racconto, che s‘ingarbuglia in una sceneggiatura forse troppo ambiziosa, scalfisce la forza delle immagini a discapito di fiacchi risvolti, scanditi dal compiacimento tipico delle pellicole “da festival”. Serebrennikov si perde un po’ nel girotondo che porta i traditi a diventare traditori e i “golpisti” a diventare carnefici a loro volta, ma restano impresse alcune sequenze che ricordano amori impossibili alla Wong Kar-way (come la camera d’albergo che ricorda 2046).
Izmena rimane comunque un prodotto curioso, che forse verrà ricordato dalla giuria quando si troverà a dover attribuire il premio per la miglior regia.