INEDITO – FRANCIA 2010
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Lo Stato assente
Mentre in Italia infiammava il dibattito sui giovani bamboccioni, generazione mille euro (quando va bene) accusata di aspirare ad una condizione lavorativa “noiosa” perché stabile, la tv francese nel gennaio 2010 scuoteva l’opinione pubblica trasmettendo Student Services, di Emmanuelle Bercot.
Un pugno allo stomaco sotto forma di appello filmico, rivolto alla classe dirigente per esaminare i fattori derivanti dalla mancata recisione del cordone ombelicale con le famiglie e sollecitare ad intervenire attraverso politiche di sostegno economico. L’autrice denuncia senza mezze misure la semplicità che un’epoca senza punti di riferimento, né certezza alcuna, ha nella diffusione contagiosa della corruzione morale, segnalando fino a che limite oggi ci si è disposti a spingere per sperare in un futuro migliore e garantirsi i “Mes chères études”, (amaro titolo originale). “Più di 45.000 studenti vivrebbero in condizioni di estrema povertà e altri 225.000 faticherebbero a finanziare i propri studi”, questi i numeri dell’UOE (Istituto di Statistica dell’Unesco) riportati in chiusura della storia di Laura, studentessa fuorisede al primo anno di Lingue Straniere, costretta a barcamenarsi all’improvviso tra esami, affitto e bollette da pagare. Una situazione sempre più inconciliabile nei paesi dell’Eurozona, che la ragazza cercherà di affrontare vendendo il proprio corpo a clienti occasionali pescati sulla Rete. Il film non condanna né assolve i comportamenti di Laura, neanche quando il denaro non viene più procurato per un panino al prosciutto ma per una giacca di pelle, ma sceglie di seguire la via della comprensione. Comprensione per la debolezza e l’incoscienza dettate dalla solitudine, dalla lontananza da casa e dal senso di colpa di gravare finanziariamente sulle spalle altrui. Circostanze per cui le azioni del singolo finiscono per essere corrose, sporcate, manovrate facilmente dal sistema sociale e dal periodo storico, i principali responsabili della perdita di ideali, che secondo l’impietoso elogio sul libero mercato affidato ad uno degli acquirenti del sesso, impongono di comprare tutto, anche “gli organi, lo sperma, i bambini. Tutto”. Laura è dunque una delle tante vittime inconsapevoli del capitalismo (additato metaforicamente come il più grande pappone schiavista) e vittima di chi, nel mare del fallimento, è riuscito a galleggiare: il fidanzato che la sfrutta come coinquilina e pretende da lei la caparra mensile; Benjamin, figlio di papà mantenuto, che disconosce il sacrificio e la scarica su due piedi perché fa la puttana (non sforzandosi di ascoltarne le ragioni); e gli uomini che la adescano on-line approfittandosi della sua giovane età, e che restano impassibili se resiste e non prova piacere, purché ottengano il servizio pagato. Student Services, per la sua drammaticità e per essere entrato direttamente nelle case degli spettatori, può leggersi inoltre come un invito ai genitori a non lasciare soli i propri figli e a mostrarsi presenti indipendentemente dalla ricarica della postepay. Un dialogo che altrove hanno saputo instaurare già prima dello spread e del default, disponendo di reti non lottizzate, che ammettevano l’esistenza della crisi anziché nasconderla insieme alla polvere, sotto al tappeto.