Nudi e strafatti
Se “La corazzata Potemkin è una cagata pazzesca” era un’ironia su uno dei capolavori della Storia del Cinema, nell’ultimo film targato Universal Pictures la celebre frase di Fantozzi non sarebbe stata fuori luogo. Normalmente, nella calda stagione il deserto delle sale cinematografiche scoraggia i cinefili, e nel caso di Nudi e felici sarebbe stata una più che preferibile (ed economica) alternativa.
L’intramontabile Jennifer Aniston sfoggia ancora una volta i panni della mogliettina perfetta, qui una stralunata Linda sposata con un altrettanto stralunato George (Paul Rudd). I coniugi comprano un monolocale – prego, in gergo dicasi “miniloft” – a New York, per trovarsi poco dopo entrambi disoccupati e, di conseguenza, senza più un tetto. Costretti così a trasferirsi dall’irritabile fratello benestante di lui, Rick (Ken Marino è l’unico che risulta insopportabile solo per copione), sulla strada sostano una notte al “Bed & Breakfast” Elysium, che risulterà essere una comunità vegana in stile hippies. Dopo aver soggiornato soltanto pochi traumatici giorni da Rick, la coppia decide di stabilirsi temporaneamente nella comune del bosco, finendo inevitabilmente per amarla e odiarla. Passi la disoccupazione, passi la crisi immobiliare, passi il rapporto matrimoniale difficile; certo, “Niente di nuovo sul fronte occidentale” cinematografico, ma se non altro fino a qui il film è dotato di una dignità. Si tratta all’incirca dei primi quindici minuti, dopodiché tutto si fa terribilmente imbarazzante, diventando una sorta di messa a nudo dei problemi della società odierna, un inneggiamento alla vita volta al dolce far niente, alle droghe e al sesso libero. Una comunità di nudisti abitata da strafattoni, che poco considerano l’igiene personale, dediti al veganismo (per poi rimpinzarsi di bovini girato l’angolo) e al “i soldi non comprano niente” (per poi svendersi ai primi centomila dollari di passaggio). Insomma, se la vita ti va male, non tirarti su le maniche: spogliati e cazzeggia! (poveri anni Settanta, come vi hanno infangato…). L’unica luce in fondo al tunnel, in una sceneggiatura non solo ridicola ma anche totalmente incoerente, sarebbe piazzarci qualche battuta spassosa. O questo veramente non accade, o Ken Marino (qui anche sceneggiatore) deve rivedere la sua concezione di “commedia”. Peccato che i Razzie Awards non abbiano atteso fino ad agosto: avrebbero avuto pane (pardon, verdure) per i loro denti.