Una donna da amare
Per quanto il titolo ne sia il convinto portavoce, di travolgente nel film di Rémi Bezançon c’è davvero poco: un tentativo di conferire all’insieme un retrogusto pop, una regia che cerca l’effetto sorpresa attraverso colori, musica, spensieratezza, personaggi secondari stereotipati, battute centellinate decisamente poco convincenti.
Se la partenza è buona, con un pre-parto dallo stile semplice, leggero e ritmato, la seconda metà della pellicola sembra non essere più tanto convinta di voler mantenere il taglio scelto in precedenza. Tentando il passo più lungo della gamba, si smette di insistere su momenti furbi di facile coinvolgimento dello spettatore per preferire l’insistenza semi-filosofica sulle paranoie di una donna che sta cambiando. Onestamente la commedia ammicca al recente caso de La guerra è dichiarata e, altrettanto intelligentemente se ne scosta, conscia dell’impossibilità di raggiungere il timido capolavoro di Valérie Donzelli, capace questo di raccontare la storia di due giovani uniti per la vita nella dolcezza di una famiglia, mentre realizzano cosa sia il dramma, come fare per affrontarlo e, alla fine, sopravvivere. Essere coppia qui è solo una facciata: più che sul fatto di diventare genitori, è sull’egoistica visione di madre che si sceglie di porre l’accento, sui suoi desideri, bisogni, momenti di caduta libera seguiti da una fase di risalita esponenziale. La figura maschile viene messa da parte, relegata al ruolo di bambinone in estasi di fronte alla Wii che all’occorrenza sa trasformarsi in perfetto padre mentre la compagna è intenta a scoprirsi debole. La sensazione di trovarsi di fronte ad una storia già vista è facile da percepire: fortunatamente ci si risparmia dall’avvicinarsi troppo agli innumerevoli esempi americani costruiti con lo stampino e riproposti annualmente ad intervalli regolari. Per quanto fornito di carte in regola per decollare, al film manca la spinta necessaria per distinguersi e trovare il proprio posto tra le nutrite fila della commedia made in France. Diversi gli stratagemmi provati, dalla velata citazione a Harry ti presento Sally, alle scene di sesso, fino al tentativo di creare delle visioni simboliche, oniriche, usate senza tener conto che sono realizzabili solo se dietro la macchina da presa ci sta qualcuno che di cognome fa Jeunet.