Solo quando ridi
Il postino suona sempre due volte, ma il portiere ha le chiavi di casa e può entrarci quando più gli aggrada. Non necessariamente per farvi un favore. Il nuovo film di Jaume Balagueró si discosta dall’horror di [Rec] e Rec 2 pur richiamandoli sotto alcuni aspetti: lo stesso titolo originale, Mientras duermes, ricorda da vicino quello del programma di Angela Vidal nei film precedenti.
Anche il condominio torna a essere protagonista, luogo disforico per eccellenza – Polanski insegna – e campione di un’umanità (male) assortita, presto divisa in vittime e carnefici. Se in [Rec] il male covava nell’attico, stavolta si irradia dalle fondamenta. Non per effetto di un virus letale, ma sedimentato nell’animo umano e per questo più devastante e corrosivo. La sua diretta incarnazione è il portiere César (Luis Tosar), apparentemente mite e intimamente sadico, turbato da ogni sfoggio di allegria manifesta. Ma se il suo odio ha natura genetica e sociopatica non sono da meno certi inquilini, impegnati in un gioco di minacce e ritorsioni in cui l’informazione garantisce il potere. Ne nasce un thriller sapientemente gestito che conserva qualche suggestione dell’horror psicologico degli esordi (Nameless) facendo leva sull’invasione progressiva del privato, dallo spazio fisico dell’ambiente domestico alla dimensione inconscia e vulnerabile del sonno. Testimoni speculari dei misfatti di César sono un’anziana e una bambina, l’una immobile e malata, costretta ad ascoltare i resoconti del figlio, l’altra espressione della pulsione scopica (lo spioncino, il film per adulti) e già in grado di nuocere a sua volta. Un pessimismo che si estende a ogni forma di comunicazione che sembra funzionare solo se corrotta, dall’attacco mediatico a Clara (Marta Etura) a suon di lettere, e-mail e sms, ai bigliettini scritti a mano da Ursula (Iris Almeida), segni di uno stalking ancora infantile. Al contrario, le figure delegate a proteggere falliscono miseramente, tanto la madre e il fidanzato nella sfera personale quanto la polizia e l’assistenza telefonica sul piano istituzionale. Balagueró costruisce efficacemente il ritratto di una quotidianità frustrante, di spettatore immobile e sottilmente umiliato. Poiché la routine è questione di dettagli, sul dettaglio concentra la regia, accumulando oggetti come tracce, collezionando tessere del puzzle dell’infelicità che César compone per Clara e impedendo, letteralmente, di mettere a fuoco il quadro completo. Abilità con cui compensa la sceneggiatura non sempre impeccabile di Alberto Marini, che tuttavia spartisce con Luis Tosar (Cella 211) il merito di un villain sicuramente riuscito. Il loro César è straordinariamente convincente. Ma non sorridetegli, non vi conviene.