Premio Internazionale alla Migliore Sceneggiatura Cinematografica, Gorizia, 19-28 luglio 2012
Carne e spirito: fascismo e resistenza
Nella letteratura decadentista di fine ottocento, la ricerca del piacere si snoda tra i terreni tortuosi del bivio mente-corpo, i cui sentieri scorrono in parallelo senza incrociarsi mai.
E’ la regola classica, già introdotta nell’innocente forma contemplativa del preumanesimo, che non ammette l’esistenza di una figura femminile completa capace di appagare in egual misura i desideri della carne e dello spirito, ma ne impone la visione scissa nelle due macrocategorie di esseri stregoneschi, demoniaci, frutto della passione e portatori di sventure da un lato, ed entità angeliche, verginali, in grado di sublimare l’intelletto e condurre al contatto con il “divino” psichico dall’altro. La sceneggiatura di Gelosia, firmata da Sergio Amidei in un delicato periodo di transizione storica, si presenta come un dramma passionale ricco di elementi di stampo dannunziano, nonostante l’opera da cui sia tratta appartenga alla corrente del verismo (Il Marchese di Roccaverdina, di Luigi Capuana). Il triangolo sentimentale è orchestrato in una modalità che ricalca la struttura de Il Piacere, così come sono tanti i punti in comune che riconducono al personaggio di Andrea Sperelli, primi tra tutti la lotta dei sensi e il tormento per una mancanza di equilibrio tra istinto e ragione. Esattamente come il bohemien nato dalla penna dell’autore pescarese, il Roccaverdina è un nobile privo di principi morali, costretto dagli obblighi dello status nobiliare a legarsi a Zosima, la degna consorte da presentare alla vita pubblica, ma al contempo è un uomo logorato dall’attrazione travolgente e distruttiva per Agrippina, colei che anima il suo letto, le sue fantasie più nascoste e che lo spinge a peccare. La simbologia contrastante che circonda le due donne – sottolineata dagli echi espressionisti della fotografia fortemente chiaroscurale – l’uso di uno stile recitativo ancora di impostazione melodrammatica e le ambientazioni sfarzose che anticipano la Sicilia gattopardiana di Visconti, contribuiscono ad allontanare ulteriormente il film dalla veridicità che di lì a poco dominerà con il neorealismo. Bisogna però altresì sottolineare che il rapporto controverso con la fede, lo smascheramento delle ipocrisie religiose e l’interesse a mostrare il sud anche negli aspetti degradanti di miseria e povertà (seppur accennati) tendono a portare completamente fuori strada, non consentendo certamente di accostare la pellicola alla cinematografia artificiosa ed irrealistica dei telefoni bianchi. Gelosia può essere dunque classificata come un’interessante opera ponte che cattura influssi diversi provenienti da più direzioni, orientandosi tra vecchi schemi fascisti e nuovi impulsi resistenziali, nonché un esempio significativo per intuire il caos prodromico della progressiva opposizione al regime e dello scoppio della guerra civile italiana.