Premio Internazionale alla Migliore Sceneggiatura Cinematografica, Gorizia, 19-28 luglio 2012
La Nonna dalla bocca storta
Il corpo, oramai senza vita, di un’anziana partigiana che ha combattuto la Battaglia di Gorizia nel 1943, troneggia sul letto di una casa di campagna. Il suo corpo manipolato da mani esperte e un solo ordine: “Ricordati di dire alla tua famiglia di lasciare la finestra aperta, nonna si deve asciugare”.
Un testamento viene letto: tutto il patrimonio viene lasciato al popolo. Una famiglia distrutta. Questo è il cortometraggio di Alfredo Covelli, Nonna si deve asciugare, vincitore del Premio Collio 2009. La storia di questa “Cenerentola”, “partorita” e cresciuta dal e nel Collio, sostenuta dal Fondo per l’audiovisivo del Friuli Venezia Giulia, continua a “danzare”, da Berna a San Pietroburgo, da Kiev a Santiago del Cile, ma, durante la terza serata del 31° Premio Amidei, è tornata a casa ed è stata riconsegnata ai suoi compaesani. In quindici minuti Covelli racconta lo scontro generazionale che poi diventa anche storico-culturale: il passato, la guerra, la resistenza, i partigiani da una parte e dall’altra i familiari della donna, summa di tutti i vizi dell’epoca moderna, e se la prima è per la condivisione, il noi al centro, i suoi figli sono cresciuti secondo la politica dell’io. A fotografie e album di famiglia si incatenano liti, scontri fisici e verbali, intrisi di rancore, rabbia, rivendicazioni d’ogni genere, ma anche gli ultimi dialoghi tra Nonna e Nipote, tra il silenzio e le parole, vere e tenere, di un bambino che ha capito tutto senza aver inteso nulla, tra la vita che scivola via e la vita che monta e cresce. Nel lavoro di Covelli si passa dal fastidio per i personaggi, odiosi e irritanti, alla ricerca di un’eredità oramai persa, alla tenerezza per quel bambino che non capisce perché la nonna non si sveglia e non sorride. Di pari passo va la recitazione, esasperata, sgradevole e nevrotica in molti casi – emblematico il caso di Emanuele Salce – e asciutta e genuina in altri – il bambino, naturale e senza troppe impalcature. Nonna si deve asciugare non convince, non coinvolge del tutto, e lo spettatore alla fine rimane con lo stesso ghigno della Nonna sul volto, non riuscendo a entrare completamente in quella famiglia, in quella casa, e resta perennemente fermo, lì, fuori, nelle terre del Collio, tra le vigne della partigiana o accanto a lei, a darle l’ultimo saluto, come un nipote che le ha voluto bene. Tutto ciò che avviene, nelle altre stanze, i discorsi sul testamento, i volti, le parole dei protagonisti, restano fuori dal nostro sguardo, come visti in lontananza, come qualcosa che non riusciamo a comprendere e ad accettare.