Premio Internazionale alla Migliore Sceneggiatura Cinematografica, Gorizia, 19-28 luglio 2012
L’ambiguità dei sentimenti
Dopo molti problemi di produzione (cominciato nel ’43, interrotto e concluso nel ’44), tra le macerie di una guerra appena conclusa, la trasposizione cinematografica di La freccia nel fianco di Luciano Zuccoli, finalmente arriva al cut finale, conquistandosi la nomea di primo film italiano realizzato dopo l’armistizio.
Se la storia tra Bruno e Nicoletta fosse stata girata al giorno d’oggi, sarebbe stata sviscerata e psicanalizzata in ogni sua sfaccettatura. Un rapporto alquanto equivoco tra un dodicenne, figlio di una famiglia aristocratica allo scatafascio, e una “diciottenne” dalla personalità molto misteriosa. Dopo dieci anni di lontananza, una foto di “Brunello”, ora pianista di successo, salta agli occhi di una Nicoletta ormai donna, insoddisfatta del proprio matrimonio e della propria esistenza, fornendo ai due l’occasione di ritrovarsi; ma il destino, a volte, non è così scontato.
La cosiddetta “amicizia” tra i due protagonisti viaggia sempre in bilico, immersa in una sensazione confusa data dal non sapere se effettivamente esiste un sentimento tra i due. Quello che sembra caratterialmente più fragile e quasi pericoloso è il bambino, sensazione che viene stravolta successivamente, quando la debolezza più preoccupante spetta al personaggio di Nicoletta. A parte l’insopportabile figura di Bruno, sia nella giovane rappresentazione di Cesare Barbetti che in quella adulta di Leonardo Cortese, qualcosa nel film non quadra: i sentimenti di Nicoletta. Inizialmente la storia – età molto distanti a parte – sembra seguire il classico corso. Due anime molto vicine tra loro, che faticano a inquadrare le reciproche emozioni, si trovano costrette a separarsi. Molti anni dopo, la loro passione – se così si può chiamare – ha finalmente la possibilità di concretizzarsi. Almeno, questo sembra essere il suo degno finale. Ma dopo aver chiaramente esternato gli ancora vivi sentimenti nei confronti del ragazzo, la donna vi rifugge, per dichiararli poi nuovamente ad un marito dal quale sembrava provenire solo infelicità. Si finisce quindi per non capire a chi viene dedicato il tragico gesto finale: ad un ragazzo che non ha mai avuto la possibilità di amare o ad un marito che, nonostante tutto, ha sempre amato? Dubbi a parte, La freccia nel fianco rappresenta un’anticipazione di quelle che saranno le tematiche cinematografiche future: erotismo latente, rapporti indefiniti, insoddisfazione verso sé stessi e ciò che ci circonda.