Premio Internazionale alla Migliore Sceneggiatura Cinematografica, Gorizia, 19-28 luglio 2012
On the road, sulle tracce di un mito
Il cinema come specchio dove realtà e finzione si sovrappongono e si confondono. E’ proprio questa la tematica alla quale quest’anno si ispira la sezione Spazio Off – La scrittura (ir)reale del Premio Sergio Amidei e nella quale si è contraddistinta l’opera del regista Gagliardi.
Presentata nel corso della terza giornata della manifestazione, tuttora in corso di svolgimento a Gorizia, La vera leggenda di Tony Vilar ci conduce – quasi in qualità di copiloti – attraverso il viaggio che il musicista Peppe compie attraverso le Americhe per ritrovare un lontano parente di cui ha sentito decantare le glorie fin dall’infanzia e che risulta essere nientemeno che Tony Vilar, il leggendario cantante che negli anni Sessanta conquistò le classifiche grazie alle struggenti ballate romantiche e al fluente ciuffo alla Paul Anka (così caro alle sue ammiratrici da influire addirittura sulla sua misteriosa scomparsa dalle scene musicali). Lo scopo di questa divertente ricerca on the road è sottoporre all’attenzione del divo una canzone che Peppe ha composto per lui. Questo mockumentary propone una storia frutto dell’ingegno umano – la caccia al fantomatico lontano cugino – partendo però da elementi del passato storicamente attestati come quelli autobiografici di Antonio Ragusa (che partì per davvero dal Bel Paese con la sua famiglia per l’Argentina e laggiù divenne molto celebre). E appartiene alla sfera del quotidiano pure la galleria degli stravaganti personaggi che il nostro Peppe incontra: ossia gli italo-argentini del variopinto quartiere di Boca e i loro colleghi statunitensi che, dopo svariate generazioni, continuano ancora a scandire le loro vite con le tradizioni del paese d’origine e a preferire il caffè nostrano a quello di Starbucks. Ma, per quanto a volte possa risultare bizzarro, il loro comportamento non è affatto il frutto di una caratterizzazione cinematografica stereotipata: chiunque abbia messo piede oltreoceano e si sia imbattuto nella calorosa allegria che questi connazionali riservano puntualmente a chi giunge dall’Italia potrà raccontare non solo degli interminabili pranzi di festeggiamento ma anche della malinconia che alberga negli occhi di chi, come loro, ha staccato da tempo le proprie radici dalla madrepatria pur tuttavia non trovando alcun luogo sostitutivo dove poterle radicare. E, non da ultimo, la sottile linea di demarcazione tra mondo reale e irreale si fa più labile anche nell’esistenza di chi, come Tony, prima di calcare il palcoscenico deve indossare una maschera (nel suo caso addirittura una parrucca) e allo stesso tempo apportare profonde dicotomie, a volte non sempre sanabili, nel proprio io: un prezzo che a volte il successo richiede.