48°Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro
Ai margini
Sharqiya, per la regia di Ami Livne, in programma alla 48° Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro, porta all’attenzione del pubblico il problema della convivenza tra i nomadi beduini e le popolazioni stanziali.
Kamel (Ednan Abu Wadi) è un giovane beduino che lavora come sorvegliante presso la stazione degli autobus di Be’er Sheba. La passione per la tecnologia lo aiuta a distrarsi quando, a fine lavoro, torna nel minuscolo campo nomadi in cui si è stanziata la sua famiglia e deve scontrarsi con l’ostracismo del fratello e le difficoltà della vita ai margini del deserto.
Da sempre il popolo del deserto ha vissuto secondo un proprio codice, identificandosi letteralmente con la terra che occupava, perché “Un beduino senza la terra non è niente”. Questa mentalità mal si sposa con la burocrazia moderna, e il regista ha voluto portare alla luce il problema dell’integrazione tra le due parti, problema che solitamente passa sotto silenzio davanti a tanti altri drammi del Medio Oriente. Eppure, la “questione beduina” esiste, e nel film le difficoltà affrontate dal protagonista su un duplice fronte (proteggere la propria famiglia e al contempo reintegrarsi in essa) vengono sottolineate da lunghi momenti di silenzio, ripresi con una sequela di campi totali. La famiglia di Kamal, rispetto al passato, è costretta a vivere solo ai margini del deserto, ma d’altro canto lui stesso non si sente del tutto a suo agio neppure in città, pur non ammettendolo mai a voce alta. Non è importante ciò che Kamal dice, quanto quello che non dice. Livne porta lo spettatore a intuire i pensieri del protagonista, troppo profondi per essere espressi a parole, e che, ironicamente, appaiono al contempo solo minuscoli frammenti davanti alla sterminata immobilità del deserto o alla caotica routine cittadina. Più della storia in sé, conta la presenza degli uomini che la vivono e il diverso modo di risolvere le questioni che si pongono. Molteplici personaggi ruotano attorno a Kamal, che si ritrova suo malgrado a fungere da fulcro, a mediare fra il deserto e la città, fra tradizione ed innovazione, senza demonizzare l’uno o l’altra, ma cercando un’integrazione. Il problema è che per una vera integrazione bisogna essere in due a volerlo.