La pelle che abito
L’artista è presente. Eccome se è presente. Nel corso della retrospettiva che il MoMA di New York le ha dedicato nel 2010, l’icona della body art Marina Abramovic si è espressa nella sua più estrema provocazione, summa e coronamento di un’intera carriera: per otto ore al giorno è rimasta seduta, ospitando e fissando gli spettatori che desideravano accomodarsi nella postazione di fronte a lei.
Immobile per sei giorni alla settimana, muta, ed essa stessa opera d’Arte da indagare. Ancora una volta (s)oggetto stesso della performance, la Abramovic ha spinto il corpo a misurarsi coi propri limiti. Nello stupore generale la prima a meravigliarsi è la medesima protagonista: “Per trent’anni sono stata considerata una folle. Evidentemente ci vuole molto tempo per farsi prendere sul serio”. E mentre centinaia di persone fanno la fila per poter finalmente entrare in contatto con lei, il pubblico seduto nelle poltrone del cinema può solo spiare, come da un buco della serratura, le azioni/reazioni che questa straordinaria esperienza produce. C’è chi la osserva con convinzione, chi con speranza e chi con innocenza; in molti piangono, specchiandosi con una personalità che cerca il più possibile di annullarsi e (con)fondersi nel contesto. Anche l’artista a volte si commuove, travolta dall’insondabile vulnerabilità e unicità del gesto compiuto. Rispetto al film d’arte Pina di Wim Wenders, anch’esso incentrato su una personalità femminile forte dedita ad una forma artistica non strettamente cinematografica, il lavoro del regista Matthew Akers sembra voler rimanere fedele ad un impianto documentaristico più classico. Una scelta – corretta e rispettosa – che permette di inquadrare la vita privata e amorosa del personaggio (su tutto, il rapporto con il performer tedesco Ulay) ripercorrendone le tappe fondamentali. In un breve ma significativo frammento una conduttrice di Fox News polemizza sui reali meriti di questa “provocatrice yugoslava”, ma noi vediamo altro: un’esistenza interamente dedicata all’uso e abuso del proprio corpo per mettere in crisi le convenzioni del mondo occidentale, condotta con la consapevolezza che un guerriero deve essere anzitutto capace di conquistare le sue debolezze senza accettare compromessi. Attraverso inattività, silenzio e digiuno, Marina Abramovic è in grado di dare forma concreta al Nulla, ad un vuoto disarmante che violenta la nostra emotività. Al MoMA però ci si è spinti oltre, verso una sorta di “strappo” nel tessuto dell’Universo. Dal 14 marzo al 31 maggio 2010, nella bolla spaziale di un museo d’Arte moderna, il tempo è imploso, riprendendo forma e significato grazie alla fragilità, al sacrificio e alla finitezza di un corpo umano.
Marina Abramovic – The artist is present [Id., USA 2012] REGIA Matthew Akers.
CAST Marina Abramovic, Ulay, Ashton Swinford, James Franco, Orlando Bloom.
SOGGETTO Matthew Akers, Jeff Dupre. FOTOGRAFIA Matthew Akers. MUSICHE Nathan Halpern.
Documentario, durata 99 minuti.