Una favola non puerile
Nelle favole trasposte in pellicola da Walt Disney, la malvagità narrata dai fratelli Grimm, da Andersen e da Perrault, seppur in funzione dell’happy ending, ricopriva un posto di primo piano nella modalità rappresentativa, supportata dai tanti messaggi subliminali a sfondo sessuale che si insinuavano nella mente del giovane pubblico, cercando di deviarne l’innocenza.
Dopo aver allevato e corrotto moralmente intere generazioni, l’universo fiabesco al cinema ha purtroppo subìto una netta inflessione iperglicemica, accogliendo il proliferare torrentizio di prodotti grotteschi e vuotamente effettistici (a cui anche autori come Tim Burton hanno ceduto), concentrati su una messa in scena roboante di personaggi buffi e variopinti, sfruttati all?eccesso come fumo negli occhi per il mascheramento di sceneggiature sempre più puerili. Biancaneve e il cacciatore di Rupert Sanders, costruito sull?incipit originale del racconto, riporta un po? di sana crudeltà grazie all?interpretazione di Charlize Theron, uscendo fuori dagli schemi superficiali dominanti e proponendo un’inedita versione epico-cavalleresca sviluppata a totale sacrificio della love story e della tradizionale componente ironica. Anche se come direbbe qualcuno “L’amore vince sempre sull’invidia e sull’odio”, e l’ideale di purezza anche in questo capitolo teen-fantasy finisce ovviamente per manifestarsi. La principessina di Sanders non incarna affatto il modello classico della debole pulzella, la cui sorte è riposta nelle mani di un principe azzurro fiero e baldanzoso in sella al cavallo bianco, ma è dipinta come un?eroina nazionale, una sorta di Giovanna d’Arco predestinata a liberare il popolo (e l’umanità intera) dalla condizione di schiavitù e a guidarlo verso la salvezza. Tant’è che non manca un accenno alla metafora ecologista sui mali compiuti dall’uomo (da Avatar in poi sensibilmente rimarcati), espressa dalle condizioni in cui versa la foresta nera e dal monito minaccioso lanciato dalla strega, “Darò a questo mondo corrotto la Regina che merita”.
Il percorso intrapreso dall’autore fa ben sperare per il futuro del genere, perché rispolvera a distanza di anni quello interrotto dalla trilogia de Il Signore degli anelli, e ancor prima da La storia infinita (di cui il film contiene più di una citazione esplicita), ma soprattutto perché conferisce alla missione compiuta un’impostazione volutamente femminista. Non è infatti la bellezza di Biancaneve che salverà il mondo, ma il suo coraggio; non gli occhioni dolci, la pelle talcata contrastata dalle labbra di fragola e dai capelli più neri della notte, ma l’uso della spada. Dostoevskij, una volta tanto, è stato contraddetto.