500 giorni con Peter Parker
Dopo la fortunata serie diretta da Sam Raimi, interrotta anche a causa di divergenze tra il regista e la produzione, la Marvel decide – invece che proseguire con il quarto episodio – di mettere in cantiere un “reboot”, affidando il compito all’autore della commedia sentimentale di culto (500) giorni insieme Marc Webb.
Confrontarsi con Raimi é compito difficile, anche perché l’autore di La casa nella sua trilogia é riuscito a rimanere nei ranghi delle convenzioni del genere senza rinunciare ai momenti giocosi e dissacratori a lui tipici. Ridursi però a elencare sotto quali aspetti sia meglio lo Spider-Man di Raimi e sotto quali altri invece quello di Webb riesca a superarlo, sembra un esercizio non particolarmente utile e stimolante. Più interessante è capire quali siano le fondamentali differenze d’approccio, tematiche, narrative e stilistiche che stanno alla base di questa ripresa. Uno dei primi elementi che salta all’occhio è la maggiore cupezza del contesto, rappresentata da una fotografia dai colori perlopiù tendenti allo scuro, poco “solare” e abbastanza monocromatica anche nelle scene diurne, adatto parallelo e sottolineatura dei travagli e agli stati d’animo del giovane protagonista. Rispetto alla vecchia trilogia, lo stile è meno visivamente vicino alla poetica dei cartoon, meno vivace e un po’ più convenzionale; anche questo però è strumentale all’assunto di fondo del film che, in linea generale, tende a tenere un tono più “tragico”, nella sostanza amaro e più aderente alle angosce di Peter alle prese con i poteri regalatigli dal ragno, con i lutti subiti e con le contraddizioni della sua età. Infatti, pur facendo capolino lungo tutta la durata del film, calano i momenti da commedia e la dose di umorismo, nonostante il regista – come detto – avesse dato prova di una comicità efficace e un po’ amarognola con il suo precedente lavoro. Non poche di queste annotazioni umoristiche tendono a “riportare con i piedi per terra” il protagonista in momenti potenzialmente di grande impatto eroico, ribadendo la sua condizione di fondo; così ad esempio, in cima ad un grattacielo, con il costume definitivo indossato per la prima volta, stagliandosi contro il tramonto all’orizzonte, Peter riceve una chiamata dalla zia che gli chiede di comprare le uova, oppure mentre aspetta l’apparizione di Lizard, lo vediamo giocare a “Bubblegum” sul cellulare. Nel filone del cinema dei supereroi tratto dai fumetti, i film dedicati all’Uomo Ragno sono tra quelli che hanno dato maggior attenzione all’interiorità del protagonista: Peter Parker, sia in Raimi ieri che in Webb oggi, è stato rappresentato a tutto tondo nella sua umanità: se in Raimi però questa si accompagnava ad una maggiore varietà di suggestioni e tematiche, qui assume un ruolo più centrale, mettendo in scena un Peter Parker più sofferto.