Trivial Pursuit, speciale La cosa
La cosa di Carpenter si apriva con un husky in fuga nelle nevi dell’Antartide, mentre un uomo gli sparava da un elicottero. Quel cane, si scoprirà, era un essere alieno in grado di assorbire e replicare perfettamente ogni forma vivente, portando scompiglio in un’isolata base scientifica americana. Ma cos’è successo prima? Cosa aveva portato quegli uomini a dare una caccia così forsennata al cane/Cosa?
Una possibile risposta la fornisce La cosa di Matthijs van Heijningen Jr., che si pone l’obiettivo di essere insieme sia prequel che remake de La cosa carpenteriana. E in parte ci riesce, colmando con dovizia di particolari i vuoti narrativi tra le due versioni, ma con una sceneggiatura (di Eric Heisserer) che replica malamente quella di Bill Lancaster per Carpenter, introducendo (per moda?) un personaggio femminile svelto e razionale (Mary Elizabeth Winstead), ma poco carismatico e piuttosto piatto per reggere un confronto col caro vecchio MacReady di Kurt Russell. È un altro, l’aspetto interessante nel nuovo La Cosa. Nel film dell’82, l’alieno preferiva un approccio più difensivo, si nascondeva e diffondeva, creando paranoia e smarrimento identitario non solo nel gruppo ma anche nello spettatore. Nel prequel questo è una macchina da guerra scatenata e senza remore, che solo in un secondo momento tenta una qualche strategia mimetica. Da un lato, questa variazione rientra splendidamente nella continuità narrativa tra i due film: la Cosa si risveglia malamente nel campo danese, e disorientata e affamata dopo un sonno di centinaia di migliaia di anni, attacca; quando arriva nel campo americano, ritrova lo stesso ambiente e la stessa situazione che ormai conosce bene, e può permettersi un atteggiamento più cauto per ricostruire la sua astronave e fuggire. Dall’altro, la trovata toglie tutta quell’atmosfera di terrore e insicurezza costante propria del film di Carpenter: l’angoscia del non sapere chi sia la Cosa è annullata dal fatto che qui la Cosa attacca sempre per prima. Rimangono dunque gli effetti speciali, e la Cosa si squarcia e deforma, si piega e si fonde con altri corpi: non più teste-ragno ma avanbracci-millepiede e simbolismo sessuale a pioggia. Grandi soddisfazioni per gli amanti del gore: la sequenza della fusione dei due volti (che comporranno poi il cadavere bifronte ritrovato in Carpenter) riporta ai fasti del Society di Yuzna, e in generale ogni grottesca trasformazione riprende, amplifica e corregge digitalmente, spesso con successo, quelle create da Rob Bottin e Roy Arbogast nell’82. Effetti speciali davvero abbondanti, però. Una delle critiche mosse a Carpenter era proprio di aver esagerato con gli effetti, e in parte era vero, ma fungevano da sfogo alla pesantissima atmosfera di tensione. Nel prequel, sminuita questa atmosfera, gli effetti sembrano ancor più ridondanti, ed è forte la sensazione di carnevalata. Il rischio è che questo La cosa altro non sia che un enorme Trivial Pursuit in un’edizione speciale tutta incentrata su La Cosa di Carpenter, dove in ogni fotogramma una citazione, un particolare, un riferimento visivo e uditivo pongono domande per riannodare i fili logici tra le due versioni. Chi vuole giocare ed è ferrato in questa materia, potrebbe trarre grandi soddisfazioni dalla visione de La cosa. Se non altro in sala c’è l’aria condizionata.