L’arte della libera espressione
Ai Weiwei è una delle figure più importanti nel mondo dell’arte e non solo. L’artista cinese si è fatto conoscere soprattutto durante le ultime discusse Olimpiadi: aveva partecipato al progetto del famoso stadio detto “bird nest”, e al tempo stesso era il primo a boicottare l’immagine che la Cina voleva dare di sé attraverso quell’evento. E’ lui l’artista del dito medio rivolto verso lo stadio, verso piazza Tien an Men, verso la sua stessa contraddittoria cultura millenaria.
La giovanissima regista americana Alison Klayman, che per tre anni ha seguito da vicino il suo lavoro, ha creato con Ai Weiwei Never Sorry un documentario senza vezzi estetici, che racconta con minuziosità la vita di un personaggio pubblico come Ai Weiwei. Lo fa partendo dalla sua casa “occidentale”, che ricorda un carcere: chiusa all’esterno. Perché Ai Weiwei, che per una decade ha studiato a New York, è il simbolo di una nuova parte della Cina costretta a ergere grandi muri attorno a sé e a dover comunicare con l’esterno attraverso i media. Ai Weiwei è un artista mediatico, che fa della tecnologia il suo miglior mezzo d’espressione, concentrando nelle sue opere, quasi fossero ideogrammi cinesi, un costrutto di concetti complessi. Ma è soprattutto simbolo di un potere rivoluzionario ancora represso, in attesa di uno spiraglio.
Nelle prime immagini, Ai Weiwei ci racconta dei suoi gatti, che circondano la residenza, e ci confida che uno di essi è così intelligente da riuscire ad aprire da solo le porte, anche se lui non l’ha mai visto. “L’unica differenza tra gatti e uomini” ricorda Weiwei “è che i gatti non chiudono mai la porta dietro di sé”. E forse vuole in qualche modo raccontare se stesso, perché è grazie alle sue opere, al suo potere mediatico, alle campagne di protesta partite dal suo blog, dalle sue azioni riportate con foto dettagliate su twitter, è grazie alla sua “parola” che è riuscito a lasciare uno spiraglio aperto a chi rimane ancora chiuso dentro una stanza, all’oscuro dalla verità. La sua critica è un diretto sfogo contro un regime repressivo, la sua rivoluzione è quella mediatica. Non vuole distruggere la sua cultura, ma crede sia il momento per un rinnovamento. Per questo lo ricordiamo nelle foto in cui distrugge i simboli millenari della sua cultura come i vasi neolitici: rompere con il passato per ricostruire un nuovo presente. Nel 2011 la sua sparizione per circa tre mesi è riuscita a mobilitare moltissimi cinesi che sono scesi a protestare per il suo rilascio da parte delle autorità. Perché la stessa libertà di parola che egli rappresenta torni a essere una realtà.