Sei mafrum o cipolla?
Dopo aver messo in scena nel 2006 le avventure del reporter kazako Borat, il regista Larry Charles si lancia nuovamente assieme al britannico attore comico Sacha Baron Cohen in un film per il grande schermo che ha come protagonista il supremo leader Aladeen Haffaz, dittatore dello stato nordafricano di Wadiya.
A un passo dall’armamento nucleare dello stato, la comunità internazionale è pronta a dichiarargli guerra. Consigliato dallo zio Tamir (Ben Kingsley), Aladeen sbarca a New York per rispondere ad un congresso dell’ONU. Dopo essere sopravvissuto a un attentato organizzato proprio dallo zio, il dittatore si trova a vagare per Manhattan assieme alla poco femminile e attivista sociale Zoey (Anna Faris). La donna lo aiuta a trovare la sua vera identità facendolo lavorare in un negozio di alimentari biologici come fosse uno dei tanti rifugiati politici che abitano la Grande Mela. Intanto, davanti ai grandi capi del pianeta, Tamir, che continua a tramare alle sue spalle, lo sostituisce con un sosia – un grezzo pastore – affinché approvi la Democrazia a Wadiya. Determinato fino all’ultimo ad impedire che questo avvenga, Aladeen si fa aiutare da una vecchia conoscenza con cui si trova a vivere diverse avventure.
Aladeen è spietato, innamorato del potere, capriccioso e concentra in sé molti aspetti (anche nel look) dei tiranni più conosciuti della Storia recente, tra cui Gheddafi, Saddam e Ahmadinejad. A uno sguardo più approfondito, lo spietato dittatore si dimostra invece un uomo solo, infantile e incapace di sentimenti sinceri ed umani.
Sacha Baron Cohen fa il salto che molti attendevano: si allontana dai suoi personaggi costruiti per il piccolo schermo interpretando un ruolo più elaborato, attentamente studiato dal punto di vista narrativo, lasciando che la satira politica si faccia esplicita, il gioco della provocazione più scoperto, i riferimenti all’attualità più trasparenti.