Dopo aver analizzato in lungo e in largo le cause della crisi cinematografica (crisi economica sovrastante, cattiva programmazione, calendario distributivo demenziale, problemi urbanistici, ottusa legislazione sui multiplex, concorrenza delle altre modalità di fruizione, etc.), vale la pena occuparsi un po’ degli spettatori.
È giusto, come fanno molti colleghi accademici, studiarne i processi di consumo e ricezione senza paraocchi né ideologie. Ed è giusto non ricadere nelle tradizionali lamentazioni sul gusto del pubblico, specie quando premia le commedie italiane contemporanee o i cinepanettoni, perché in un libero mercato ognuno è libero di scegliere ciò che vuole.
Detto questo, però, anche lo spettatore può essere criticato, e in questa fase ci sentiamo di farlo a ragion veduta. Se i primi mesi del 2012 hanno fatto segnare un pesante segno negativo, parzialmente mitigato dalle presenze di aprile, non può essere ascritto al solo fatto che il prodotto non attrae. Noi critici – per una volta la categoria ha un senso – abbiamo segnalato in queste settimane una serie di titoli che, pur non epocali, sembrano aver alzato l’asticella della qualità. Ci si lamenta sempre che il pubblico ha solo i multiplex e non più il film “medio” (lo abbiamo scritto poche settimane fa) e poi, quando finalmente il cinema di superficie torna a farsi interessante, viene ignorato. Per dire: non ci sono ragioni concrete per il tiepido risultato di Chronicle, che in America ha funzionato benissimo grazie alla rilettura point-of-view di adolescenti con superpoteri; di Attack the Block, ovunque considerato una boccata di aria fresca nel panorama della fantascienza a basso costo; di Quella casa nel bosco, uno degli horror più innovativi del momento e altro successo a stelle e strisce; di Cosmopolis, che sembra essere caduto nella terra di nessuno, snobbato dal grande pubblico e dai fan di Pattinson ma persino da molto pubblico d’essai e vicino a Cronenberg. Non parliamo poi del cinema d’essai, penalizzato dalle scarse copie a disposizione, che pure lasciano attoniti per come vengono ridicolizzati film straordinari come La guerra è dichiarata e passati sotto silenzio titoli come Sister o Tutti i nostri desideri, ampiamente sopra la media come qualità, e sotto la media come presenze. Lo stesso strombazzatissimo Marilyn, pur non eccelso, è finito nel tritacarne.
Si dirà: è il web, bellezza. E invece no, perché tutto fa credere – dati alla mano – che questi film siano anche poco scaricati e tutto sommato presi scarsamente in considerazione pure dagli spettatori più disinvolti dell’online. Non è questa la ragione. Il sommovimento di immaginario è molto più profondo. E preoccupante. Lo spettatore cinematografico sembra quello televisivo, che gira col telecomando tra sei-sette canali e poi dice: “Non c’è niente da vedere”, rifiutandosi categoricamente di dare un’occhiata agli altri canali del digitale terrestre, ai film inediti dei canali Rai digitali, alle anteprime di Cielo, agli approfondimenti e documentari di Raistoria, ai podcast sul web, agli archivi televisivi online, etc.
Bisogna essere onesti. La pigrizia esiste, ed è una delle concause della crisi.