Zigoli
Nello svolgersi dei suoi sfuggenti e sommessi 75 minuti, Silent Souls riesce ad essere al contempo un film intriso di disperata rassegnazione e irradiato da pervicace speranza. I nostri occhi assimilano i pochi ma significativi eventi che si susseguono, ma qualcosa sfugge costantemente al raziocinio e alla necessità di dare un senso univoco ai fatti.
Silent Souls non è un rassicurante cerchio che si chiude, ma una sinfonia per immagini che infrange e spezza le linee della narratività e del cinema. Nel piccolo mondo abitato da puri e sinceri creato dal regista Aleksei Fedorchenko – già conosciuto e apprezzato per il mockumentary First on the Moon, passato a Venezia nel 2005 – i migliori amici Aist e Miron intraprendono un lungo viaggio in auto per andare a seppellire la moglie del secondo nel Lago Nero, seguendo i rituali della cultura Merja, tribù ugro-finnica cui loro appartengono. Assecondando i canoni del culto, lungo il cammino il vedovo narra all’accompagnatore la sua storia d’amore, in uno sfogo che assume diversi significati: elaborazione del lutto, rimozione del tormento e omaggio alla persona amata. Al contrario di quanto sarebbe lecito aspettarsi, l’uomo fa emergere dalla memoria – e dai flashback che prendono vita mentre narra – asprezze e crudezze della vita a due, spingendosi anche alla descrizione di giochi e morbosità sessuali. Miron non descrive un idillio, quanto piuttosto un rapporto reale e tangibile che non deve idealizzarsi svilendo la propria natura: la moglie Tanya deve continuare a vivere in lui, così come non devono essere messe in discussione le usanze culturali della propria comunità. Gli sguardi di Aist e Miron sono attraversati da malinconia e insoddisfazione, ma anche da una sorta di rasserenante pre-conoscenza nell’obbedienza ad un destino tanto incomprensibile quanto necessario. Necessario come la presenza degli zigoli, pennuti tenuti in gabbia da Aist che cinguettano durante tutta la durata del pellegrinaggio. Seguendo l’impostazione da film-rito di Silent Souls, è ovvio che i due passerotti svolgano una funzione metaforica essenziale. Come loro infatti, anche i due protagonisti sono imprigionati in ricordi dolorosi: quello privato della dipartita della donna e quello condiviso dell’agonia di un’etnia. Una volta portato a termine il loro compito, Aist e Miron potranno finalmente riappropriarsi della libertà fino a quel punto negata. E come un malinconico e lirico sogno in cui tutto è concesso, anche i due zigoli potranno infine volare senza costrizioni, schiudendo – chissà – le porte dell’aldilà.
Silent Souls [Ovsyanki, Russia 2010] REGIA Aleksei Fedorchenko.
CAST Yuliya Aug, Igor Sergeev, Viktor Sukhorukov, Aglaja Brix, Olga Dobrina.
SCENEGGIATURA Denis Osokin. FOTOGRAFIA Mikhail Krichman. MUSICHE Andrei Karasyov.
Drammatico, durata 75 minuti.