Faccia a faccia con il mito
Sperimentare la presenza del divo, respirarne la medesima aria, interagire con esso. Di questo parla Marilyn: del divo oltre lo schermo, oltre quei media di massa attraverso i quali siamo abituati ad averne esperienza. E quando si parla, oggi, di Marilyn Monroe, il divismo nella sua quintessenza si accompagna al mito, al culto, all’icona.
E come dovrebbe sentirsi un giovane ventitreenne, intento a “farsi la gavetta” sul set di un film di Sir Laurence Olivier (Il principe e la ballerina), nello scoprirsi il prediletto di una Marilyn tanto coriacea nel suo status di diva, quanto fragile di personalità? E quale onore nel trovarsi divorato da una mangiauomini con cui, lo sa bene Arthur Miller, è meglio non accasarsi (perché non innamorarsi risulta francamente impossibile). Ma il film in questione ci mostra ancora di più. Sullo sfondo emerge infatti un’esemplare situazione conflittuale: Gran Bretagna e Hollywood, Attore e Divo ovvero Sir Laurence Olivier versus Marilyn Monroe. E nonostante quest’ultima sbagli le battute, arrivi in ritardo sul set, necessiti di una trainer (in fondo inutile) che le insegni l’applicazione del Metodo, è lei a vincere. Perché, ci ricorda Sybil Thorndike, quando c’è Marilyn, nient’altro conta sullo schermo. Ma come raccontare la vita privata di un divo? Come raccontarne le storture senza apparire retorici o agiografici? Il film sceglie di mostrare Marilyn in terza persona, trasponendo sullo schermo l’esperienza reale del protagonista Colin Clark, in una tranche de vie fugace ma esplicativa. In tutto ciò, tuttavia, la vera Marilyn non si vede che in alcune timide foto durante i titoli di coda. Simon Curtis sceglie, infatti, di ricostruire persino le occasioni di schermo nello schermo, le citazioni, i rushes, in un meccanismo di rispettosa autocensura nei confronti dell’icona. Ma come dovrebbe essere l’attrice che si ritrova a dover affrontare il compito ingrato di interpretare un mito? Michelle Williams non ha la medesima verve di Marilyn Monroe, non buca lo schermo né divora tutto ciò che le sta intorno. Tuttavia il film opera su un terreno di compromesso, in cui l’esperienza di contatto con il divo fa sbattere le corna contro il muro della “persona”. Ed è qui che la Williams, con le sue imperfezioni fisiche, riesce perfettamente: struccata, slavata, perennemente paranoica o in preda a postumi da sbornia o da medicinali. Ci piace, a questo proposito, pensare che la leggera legnosità della trama e l’evidente compostezza, tutta britannica, dello stile, non siano altro che un’onesta volontà di approcciarsi con discrezione nei riguardi di una figura tanto emblematica quanto difficile da rendere sullo schermo.
Marilyn [My Week with Marilyn, Gran Bretagna 2011] REGIA Simon Curtis.
CAST Michelle Williams, Eddie Redmayne, Kenneth Branagh, Judi Dench, Emma Watson.
SCENEGGIATURA Adrian Hodges. FOTOGRAFIA Ben Smithard. MONTAGGIO Adam Recht.
Biografico/Drammatico, durata 96 minuti.
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